Una settimana ricca per Pippo Mezzapesa. Un film appena uscito nelle sale, “Il bene mio”, con protagonista Sergio Rubini, sta avendo un meritato successo di pubblico e critica. Il suo precedente lavoro, “La giornata” è un cortometraggio, dal titolo “La giornata”, ed è in concorso nella sezione CortItalia del Sedicicorto International Film Festival. Una dimensione che il regista pugliese ama particolarmente e ne abbiamo parlato direttamente con lui.
Pippo Mezzapesa, il corto è un formato che non ha mai abbandonato.
È un formato che conosco bene e mi piace molto, ha delle sue regole precise che permettono di concentrare in pochi minuti poesia e temi di grande importanza, rendendoli di facile fruizione per un pubblico vasto. Una cosa che in questo particolare momento è molto importante.
Il cortometraggio ha sempre avuto grandi difficoltà distributive. Per fortuna ci sono i festival.
Assolutamente, grazie ai festival i corti hanno una distribuzione più capillare rispetto a tante opere prime o seconde. I festival di corti sono tanti, frequentatissimi, sempre con le sale piene. Sono una vera e propria rete alternativa che raggiunge un pubblico trasversale. E poi sono un grande luogo d’incontro per la comunità.
L’altro canale è il web.
Esatto, anche se non ho mai capito perché i canali televisivi non sfruttino i corti nei loro palinsesti, e lo stesso vale per le piattaforme streaming. Se su Netflix ci fossero cortometraggi sarebbero sicuramente un successo.
“La giornata” tratta un tema sociale importantissimo. Come le è venuta l’idea?
Il motore è stata un’inchiesta di Giuliano Foschini pubblicata su La Repubblica. Poi c’è stata la volontà da parte di CGIL e FLAI Puglia di raccontare la storia di Paola Clemente, morta nei campi lavorando per due euro l’ora, una vicenda di sfruttamento a cui sono esposti moltissimi lavoratori, arrivato tragicamente alla ribalta della cronaca. All’inizio ero titubante, ho studiato gli atti giudiziari e le testimonianze e sono riuscito a trovare la giusta forma narrativa per restituire l’emozione di quelle parole. Mi colpirono le parole di una ragazza. Diceva che a Paola non fu concessa neanche una fiaccolata, perché la sua fu declassata a morte naturale. Ecco, volevo che avesse la sua fiaccolata.
Una storia italiana, come “Il bene mio”, un paese terremotato abbandonato da tutti, tranne da un uomo che non vuol lasciare la sua casa. Il paese di cui parla il film è molto più grande.
Sì, la storia di Provvidenza è quella dell’Italia, che ha perso la memoria e brancola nel buio, perché stenta a ricordarsi da dove viene. Viviamo in un paese che non conosce se stesso e ha un profondo disorientamento e paura del diverso. Il personaggio di Elia è convinto che riassemblando i cocci della memoria non si rimanga intrappolati, ma si continui ad andare avanti con una forte consapevolezza di se stessi.