Notti magiche era il titolo dell’inno dei mondiali di calcio di Italia ’90, interpretato da Edoardo Bennato e Gianna Nannini. Paolo Virzì lo prende in prestito per il suo nuovo film, un giallo ambientato nel mondo del cinema romano in quella estate di calcio, speranze e desideri.
La bella nazionale di Vicini purtroppo non riuscì nell’impresa di vincere la coppa in casa, fermata da Diego Armando Maradona al San Paolo di Napoli. Ma vide esplodere talenti indimenticati, prima fra tutti Roberto Baggio, autore di una delle reti più belle dell’intera competizione iridata. E poi Totò Schillaci, capocannoniere con sei reti, diventato beniamino dell’Italia intera e non solo. Insomma, alla fine fu una bella estate.
Molto meglio di quella che ci racconta Paolo Virzì, nelle sue Notti magiche
Storia di tre giovani sceneggiatori che nell’estate del 1990 si ritrovano finalisti del prestigioso Premio Solinas, travolti dal rutilante mondo del cinema italiano in quel di Roma, alla corte di sceneggiatori, registi, produttori che quell’industria fecero grande, e che, almeno a suo parere, hanno anche distrutto. Alle peripezie dei tre ragazzi si aggiunge una morte misteriosa, di cui loro potrebbero essere testimoni, o forse addirittura responsabili.
Ma la traccia gialla di Notti Magiche interessa poco
Quello che incuriosisce è invece l’astio evidente di Virzì nei confronti di un mondo che non c’è più, quello soprattutto dei grandi sceneggiatori, rappresentati come industrie della scrittura in serie, per il cinema e per la tv, lontani dai tavolini del bar dove si sedevano per buttare giù su qualche tovagliolo i grandi capolavori dell’epoca d’oro della nostra cinematografia.
Notti magiche dovrebbe essere un omaggio a quel cinema che non c’è più
Invece la sensazione è quella di un grosso sasso, da togliere da una scarpa molto stretta, da tanto tempo. Notti magiche sembra più un film di denuncia sul giovane precariato creativo, ineluttabile a causa del baronato imperante che non si stacca dalle poltrone. Una storia già vista, nella filmografia di Virzì, quella della fascinazione di un potere che si disprezza perché non vi si riesce ad accedere.
Notti magiche è un prequel di Caterina va in città
Con cui condivide il livore, e anche molti dei difetti da questo derivati. Qui però si va oltre, con il grottesco che si trasforma più di una volta in gratuita volgarità, e soprattutto mancano gli attori per reggere una storia già di suo traballante. I tre giovani protagonisti hanno poca colpa, i loro personaggi sono poco più che macchiette, anche piuttosto irritanti nella caratterizzazione e negli stereotipi. E altrettanto, se non più fastidioso, è il continuo gioco di rimandi e allusioni, neanche troppo velate, alle abitudini dei grandi vecchi, oltretutto realmente comprensibile solo da chi ha familiarità quotidiana con il mondo del cinema.
Insomma, le Notti Magiche di Virzì sono tutt’altro che tali. Meglio ricordare i goal di Baggio e Schillaci. E il grande cinema italiano.