Un bolognese felice Jacopo Bonvicini, all’esordio cinematografico in un ruolo da protagonista in “Ora o mai più”. Il regista Lucio Pellegrini, dopo E allora mambo e Tandem, le due commedie che hanno lanciato ‘Le iene‘ Luca Bizzarri e Paolo Kessisoglu, affronta stavolta un argomento delicato e complesso come il G8 di Genova, affidandosi a un cast giovane e di talento. Ora o mai più sarà presentato in anteprima martedì 11 novembre al Cinema Teatro Pavone di Perugia, alla presenza del cast e con un pubblico prevalentemente formato da studenti universitari, che potranno intavolare un dibattito con i protagonisti del film dopo la proiezione. L’anteprima è organizzata da 01 Distribution e Alphabet City.
Prima di iniziare l’intervista Jacopo ride e scherza con Edoardo Gabbriellini ed Elio Germano, suoi compagni sul set, ed è bello per chi scrive iniziare una conversazione in maniera così rilassata, sapendo di trovarsi di fronte un personaggio cinematograficamente puro.
Jacopo Bonvicini, come sei arrivato ad essere il protagonista di Ora o mai più?
Jacopo Bonvicini: Assolutamente per caso, non c’è stato nessun percorso programmato. Per puro caso è arrivato nelle mani di Lucio Pellegrini, il regista del film, un mio provino che io avevo fatto altrettanto per caso. Gli sono piaciuto, mi ha chiamato ed eccomi qua.
Ora o mai più racconta di un momento davvero importante per la storia d’Italia recente. Tu hai vissuto in maniera particolare quei giorni di Genova?
Jacopo Bonvicini: Il 19 luglio ero a Genova per la prima manifestazione pacifica, quella dei sans papier. Poi per una dinamica abbastanza strana mi sono allontanato per motivi personali e ho vissuto il resto da casa, ma sempre in maniera intensissima e drammatica come le persone che mi erano più vicine, ma anche come la maggior parte della mia generazione, dato che credo si possa parlare di un evento che ha segnato una generazione e non solo.
Cosa hai trasferito della tua esperienza, dei tuoi ricordi, nel personaggio che interpreti in Ora o mai più?
Jacopo Bonvicini: Per quanto riguarda gli appigli che ho utilizzato per sviluppare il mio personaggio, non sono tanti perché lui ci arriva in una situazione personale completamente diversa da quella che vivevo io, con una fase della propria vita e della propria coscienza politica differente. Oltretutto lui non conosce di Genova ciò che io ho conosciuto, ma vive l’incubo di una caserma e di un pestaggio, situazioni a me totalmente estranee. Tutta questa serie di differenze non mi dava comunque la possibilità di attingere alla mia esperienza personale.
Com’è stato il rapporto sul set con i tuoi colleghi?
Jacopo Bonvicini: E’ andato tutto molto bene, a partire dal rapporto con Lucio Pellegrini, perché è con lui che ho iniziato tutto e ha dimostrato una sensibilità e una disponibilità enorme nei miei confronti, mettendomi in una condizione davvero ideale per affrontare un lavoro che non avevo mai fatto. Tutto benissimo anche con Edoardo Gabbriellini, Elio Germano, Violante Placido con cui si era instaurata una bellissima atmosfera.
Frequenti i centri sociali?
Jacopo Bonvicini: Sì, li frequento. Non ho mai fatto parte della fase di costruzione e di organizzazione di un centro sociale, ma a Bologna, dove vivo, li ho sempre frequentati. Ogni centro sociale ha una realtà definita che si discosta dagli altri. Per quanto riguarda il Movimento, credo sia un momento difficile e complesso, deve capire cos’è successo per risolvere delle contraddizioni interne e tornare a essere forte e capillare com’è stato per un breve periodo a cavallo di Genova.