Ecologia, biodiversità, appartenenza, tolleranza, valori familiari. C’è tutto questo e anche molto di più in Maleficent – Signora del male, sequel della fortunata versione live action di una delle streghe migliori mai concepite dalla Disney. Ancora in molti sostengono che il primo film non rispecchia la cosiddetta “versione originale”, con tutte le sciocchezze che comporta parlare di originalità quando si trattano le fiabe.
Nel ribadire che Maleficent raccontava in realtà qualcosa che La bella addormentata non contemplava proprio, bisognerà dire che è proprio questo sequel a discostarsi più di ogni altra cosa dalla versione originaria. Una dei più potenti e grandi cattivi che diventa improvvisamente buona, protettrice della terra e delle sue varietà, custode di un amore superiore e incomprensibile, insicura e goffa. E non più unica. Angelina Jolie ritorna a indossare le corna di Malefica, e mai nome fu meno azzeccato. Al suo fianco di nuovo Elle Fanning nel ruolo di Aurora e, new entry, la sempre bellissima Michelle Pfeiffer in quello della regina Ingrid.
Luci e ombre invertiti in Maleficent – Signora del male
Il malcostume esiste ormai da diversi anni: i cattivi che devono essere riqualificati. Non in quanto villain, versioni cool, ma comunque negative. No, devono proprio diventare buoni o, per lo meno, venir giustificati nel loro essere diversamente buoni. Una cocente delusione, un passato difficile, incapacità di integrarsi… ecco che il male non esiste più, e per questo, tanto per cominciare, ci chiediamo il senso del titolo di questo film, eccessivamente lungo, eccessivamente ridondante, eccessivamente posticcio. I colori perdono tutta la loro simbologia: il nero non sta più a indicare le tenebre e l’oscurità, il bianco, le perle, i capelli biondi non sono necessariamente simbolo di purezza. Anzi, la Regina Ingrid non indossa altro, ma il suo cuore è infinitamente torbido e irrecuperabile. E il vero incubo è quello di due innamorati che vogliono sposarsi e che si ritrovano due suocere a dir poco ingombranti…
Non solo: Maleficent non è più unica nella sua specie. È un esemplare disperso di molti altri come lei, ma senza poteri magici. Che non si sa dove siano stati per tanto tempo, né perché siano infine stati confinati dove sono, ma tant’è. Nella parabola ecologista, inclusiva, buona a tutti i costi, che tutto comprende e tutto ingloba, ci sono anche altri esemplari di fate cornute che però sanno solo volare e combattere. E l’altra questione è: perché chiamarlo live action, se è quasi tutto riprodotto in digitale?
Maleficent – Signora del male: un film al femminile
Sono tre donne, diverse e forti, le protagoniste di questo racconto tutto al femminile. Tre attrici di tre età diverse, pronte a contendersi la scena. E nonostante Angelina Jolie abbia affermato il contrario, gli uomini sono figure parecchio sbiadite e marginali in questo contesto. Malefica con la sua forza distruttrice e rigeneratrice, Ingrid con una rabbia e un odio che la muovono a protezione del più grande amore della sua vita (il regno e i suoi sudditi), e Aurora. Aurora che rappresenta la gentilezza in risposta all’odio, la non azione in risposta alla violenza e alle battaglie. Aurora è la protesta non violenta, il femminile più grande e più autentico.
Questo, insieme al tema ecologista e a quello della diversità, dell’integrazione e a quello supremo della Pace fra i popoli, fanno di Maleficent – Signora del male un film che vorrebbe essere educativo e formativo. Peccato che un eccidio venga portato sullo schermo, i morti trasformati in fiori. Qualcosa di talmente perverso che solo l’attuale andazzo della Disney poteva concepire.