A proposito di Rose, ovvero un’altra storia di rivincita personale e sociale del proletariato inglese. Questa volta siamo in Scozia, nella Glasgow delle case popolari, sognando Nashville. Un film che per gli strani casi del destino esce in Italia nel giorno in cui l’ennesimo accordo sulla Brexit sembra naufragare.
Negli ultimi trent’anni abbiamo scoperto che gli inglesi hanno tutti i talenti del mondo. A patto che siano minatori, disoccupati, alcolisti, drogati, sociopatici, o figli di qualcuno facente parte di una o più di queste categorie. Dato che le liste piacciono tanto ai cinefili, vale la pena stilarne una.
Grazie, signora Thatcher (minatori in sciopero e orchestrali di livello planetario)
Little Voice (la nuova Judy Garland, sociopatica autoreclusa in una soffitta di Scarborough)
Billy Elliot (figlio di minatori omofobici che sogna di fare il ballerino)
One Chance (gallese allo sbaraglio che sogna Pavarotti)
The Full Monty (disoccupati spogliarellisti. Non il contrario)
Va bene, può bastare, ma potremmo continuare a lungo. Il perché di questa deriva è semplice. Se non lavori nella finanza e non vivi a Londra, vivere in Inghilterra è nella maggior parte dei casi un vero schifo, e le ragioni sono tantissime. Prendendone alcune a caso: istruzione pessima, a meno che di non venire da una famiglia ricca. Sanità tra le peggiori del mondo, a meno che non ti possa permettere quella privata. Accesso alla cultura nelle zone più periferiche del paese tendente allo zero. Tasso di alcolismo e tossicodipendenza enorme, in particolare nei quartieri popolari delle grandi città. E in questo caso Londra non fa eccezione.
Per sopravvivere, l’unica maniera è sognare, e prendersela con il governo, ricordando sempre che la Iron Lady è stata la causa di tutti i mali. Cosa, oltretutto, in gran parte molto vera. Probabilmente anche di quelli di Rose, neanche trentenne che vive nel ghetto di Glasgow, dove torna dopo avere scontato un anno di carcere per tentato spaccio. Rose ha un sogno: andare a Nashville e diventare una stella del country, grazie alla splendida voce che la natura le ha concesso.
Il resto è tanto tralasciabile quanto prevedibile, sebbene il compitino sia svolto diligentemente da Tom Harper, regista di mestiere che grazie a un curriculum ben più che rispettabile si è meritato un film con una coppia di star come Felicity Jones e Eddie Redmayne, The Aeronauts (selezionato per la Festa di Roma).
La cosa che fa riflettere del genere aspirazionale nel cinema inglese è che la Brexit la si doveva comprendere da questi film. I ritratti che ci sono stati portati nel corso degli anni sono straordinariamente reali. Persone che vivono in un mondo tutto loro, senza alcun desiderio di informarsi, se non quando in una situazione di estrema difficoltà. L’unica cosa che coltivano sono le loro passioni, se le hanno. E in ogni caso, possono disprezzare il governo, ma mai il loro paese.
Nelle settimane precedenti al referendum, girando per Londra e provincia per un reportage sul voto, avevo capito che avrebbe vinto la Brexit. Perché ho incontrato Little Voice che non sapeva nemmeno che si dovesse votare. Ho parlato con i genitori di Billy, che dicevano all’Europa di andare a farsi fottere. I minatori concertisti sapevano di cosa si stesse parlando, ma in ogni caso cosa avrebbe fatto l’Europa per loro, certo non avrebbe potuto dargli indietro il lavoro.
Naturalmente non sarà colpa loro quello che il Regno Unito dovrà affrontare nei prossimi anni. Lo è senz’altro di chi li ha preferiti trasformare in dei simpatici personaggi da film, dando per scontata la loro opinione al momento dell’urna. E pagando carissimo l’errore.
Nashville è in America, quindi anche a Rose dell’Europa non frega proprio niente. A me è stata anche simpatica, non credo la ricorderò la prossima settimana, ma le auguro di coronare il suo sogno. Com’è successo a Jessie Buckley, che la interpreta. Arrivata seconda in un talent show, ha fatto tesoro dell’opportunità, ha studiato tanto, l’abbiamo vista in Chernobyl,presto sarà una giovane Regina Vittoria in Dolittle, con Robert Downey Jr., al fianco di Renée Zellweger in Judy, poi nella quarta stagione di Fargo.
E nemmeno a Jessie importa della Brexit. È irlandese.