Un ragazzo e una ragazza si incontrano. Il mondo non ha permesso loro di farne parte, Paul e Gloria sono entrambi “problematici”, in maniere diverse. Si trovano, si cercano, non possono più fare a meno l’uno dell’altra. Nonostante tutto e tutti. In sintesi, e non c’è davvero bisogno di dire di più, questo è Adoration.
Fabrice Du Welz è uno dei talenti di genere più limpidi del panorama europeo degli ultimi anni. Calvaire e soprattutto Vinyan sono due gioielli dell’horror. Bravissimo nel costruire atmosfere rarefatte e inquietanti, Du Welz è anche molto abile nello scavare nelle psicologie dei suoi personaggi, collegandoli in maniera indissolubile con l’ambiente che li circonda, e che di fatto li plasma.
Adoration ha in questo uno dei suoi maggiori punti di forza.
La fuga di questi due appena adolescenti dall’ospedale psichiatrico dove lei è in cura, e lui diversamente recluso, è una vera e propria ascensione mistica. Immersi nella natura hanno un senso di esistere, solo tra loro, il mondo lontano, soprattutto lontani gli adulti che vogliono togliere loro la libertà di trovarsi.
Film complesso, Adoration, che mette per fortuna a disagio, per la naturalezza e la sensualità con cui Du Welz racconta questa la rabbia giovane di due anime che non potranno mai essere in sintonia con il mondo. Gloria è stata fatta crescere troppo in fretta, Paul troppo lentamente, nessuno ha il tempo, nè soprattutto la voglia o il bisogno, di vederli allinearsi. E loro non vogliono, perché si perderebbero.
Adoration è un noir
Versione naturalista e coming of age di Bonnie and Clyde, de I killer della luna di miele, quest’ultimo sorta di ossessione per Du Welz, che li aveva già raccontati in Alléluia. Ma è anche Giochi proibiti in versione molto acida, e volendo la signora delle mosche. Soprattutto è un grido, di dolore e d’aiuto, per un mondo che non sa più ascoltare, ma soprattutto sentire emozioni. Quelle violentissime di due ragazzi alla scoperta della loro natura, del sesso, del corpo, sono difficilmente arginabili, e gestibili solo con la potenza della natura che li accoglie. Esattamente come era il dolore di una madre che aveva perso il figlio in Vinyan, sublimato solo da un ritorno a uno stato primordiale.
Se si dovesse trovare un aggettivo per il cinema di Fabrice Du Welz sarebbe forse proprio questo, mette a disagio da un lato, e seda incredibilmente dall’altro. Adoration racconta la necessità, anche questa assolutamente primitiva e naturale, di trovare il pezzo mancante di sè. E una volta trovato, difenderlo a qualunque costo.
Altro aspetto ricorrente per Du Welz è la figura della donna dominatrice, in un rapporto di coppia sbilanciato e senza possibilità di recupero da parte del maschio, destinato a servire, servendo a poco. Il casting era quindi fondamentale. I due ragazzi sono perfetti, soprattutto perché Fantine Harduin è, a quattordici anni, una Gloria sensuale, inquietante, folle e angelica. L’aveva già scelta Michael Haneke per Happy End, uno che di personaggi complessi ne sa qualcosa. Da tenere d’occhio.