Luciano Pavarotti è stato senza dubbio uno degli artisti italiani più amati nel mondo. Merito della sua voce, e soprattutto della sua straordinaria capacità di far diventare oro tutto quello che toccava. Per fortuna, nella maggior parte dei casi a fin di bene. Anche per questo, Ron Howard ha deciso di raccontare la sua storia in un documentario.
Una forma cinematografica che il regista premio Oscar per A Beautiful Mind aveva già sperimentato in ambito musicale, affrontando la leggenda dei Beatles nell’ottimo Eight Days a Week: The Touring Years. Per un uomo che vive il mondo dello spettacolo sin dalla più tenera età, che si è confrontato e ha lavorato con i maggiori cineasti americani degli ultimi quarant’anni e tutti le possibili star degli ultimi trenta, avere a che fare con miti e icone certo non è un problema.
Pavarotti è un documentario molto classico
Ricco di “talking heads”, come si usa dire tecnicamente, che raccontano la storia di un personaggio tanto amato quanto controverso. Fenomeno globale, grazie allo straordinario talento di creare spettacolo da qualunque cosa, Pavarotti viene affrontato da howard soprattutto sotto questo aspetto, oltre che come uomo. E come tutti gli uomini, ricco di pregi, ma anche di difetti.
Uomo generoso, dal grande cuore, ma anche con le sue debolezze, dalla pasta alle donne, Big Luciano è stato un fenomeno globale, una vera rockstar dell’opera lirica. E, come i critici più esperti e anche più spietati hanno spesso rimarcato, anche una voce i cui difetti sono stati mascherati proprio dalla sua abilità nel trasformare in marketing ogni sua mossa.
Ron Howard non è ovviamente interessato a questo aspetto, da artista ad artista le critiche negative non vengono prese in considerazione per rispetto e solidarietà. Non ne fa un santo, ma racconta la sua storia con dovizia di particolari, e con le furbizie che solo un regista che ben conosce le lezioni della Hollywood classica sa mettere in pratica, dal colpo di scena alla lacrima al punto giusto.
Dell’artista Pavarotti esce fuori quello che già il mondo sapeva di lui. L’abilità di Howard è riconoscere la connessione tra l’uomo e le sue origini, aspetto che lo ha reso icona dell’italianità che più classica non si può. Spaghetti, mandolino e cervello fino, tanto che capi di stato e teste coronate si sono sentiti onorati dalla sua presenza od ospitalità.
E francamente, diventare Luciano Pavarotti non è cosa da tutti.