Richard Jewell, ovvero l’ultimo degli eroi, un po’ per caso, un po’ per vocazione, che Clint Eastwood ha deciso di raccontare, e soprattutto celebrare, negli anni Ottanta della sua vita. Una scelta apparentemente patriottica, ma in realtà il due volte premio Oscar ha pensato bene che alla veneranda età di ottanta e passa anni, ormai quasi novanta, può infischiarsene di molte cose e mostrare il suo lato oscuro.
Lato oscuro che per l’America di oggi è quello dell’anarchico che punta il dito con decisione, e soprattutto giustamente, contro le istituzioni. Un percorso che parte da lontano, e che alla luce degli ultimi film rende necessaria anche una re-visione di J. Edgar, film ben più critico di quanto potesse sembrare nei confronti del potente direttore e padrone dell’FBI, testimone di molti tragici eventi della Storia americana.
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La Storia, quella vera, è fatta però quasi sempre da gente che non verrà ricordata nei libri o cantata in un poema. Eastwood ha voluto porre rimedio a questa ingiustizia, raccontando prima di un infallibile cecchino con problemi ancora più precisi. Poi quella di un pilota di linea straordinario in cabina, molto meno a casa. Quindi ci sono stati i giovani cadetti che hanno salvato tante vite su un treno quasi in Guascogna, e a suo modo un vecchio corriere della droga, con molti peccati da espiare.
E adesso, Richard Jewell
L’attentato durante le olimpiadi di Atlanta del 1996 è uno di quegli eventi sotterrati per benino dagli Stati Uniti, come quel che li mette in grande imbarazzo. Solo un anno dopo il tremendo attacco al palazzo dell’FBI di Oklahoma City, dove morirono 168 persone, eccone un altro, nel cuore della nazione, durante quella che doveva essere la celebrazione della potenza a stelle e strisce, nella città simbolo patria della Coca Cola e della CNN . E anche questo, perpetrato da un americano a danno di suoi connazionali.
L’eroico atto di una guardia di sicurezza, Richard Jewell appunto, salvò molte vite. Ma l’idea di non avere un colpevole dopo quanto successo quindici mesi prima non era pensabile. Ne serviva uno, e lo trovarono, a qualunque costo. Soprattutto a costo della verità.
Eastwood racconta tutto questo con dovizia di particolari, senza tralasciare il fatto che Jewell è in realtà un tipico prodotto di una sottocultura americana tutta mamma, fucili e grassi saturi, non particolarmente intelligente, ma con un senso della giustizia radicato e ai limiti del distorto. Eppure, tutti questi elementi messi insieme, possono salvare vite.
Richard Jewell è una vittima dell’attentato di Atlanta
La morte prematura, causata certo da un paio di arterie occluse, è stata aiutata senz’altro anche dal dolore che ha provato nell’essere accusato di un crimine per cui era disposto a sacrificare la sua vita pur di sventarlo. Eastwood si sofferma soprattutto su questo, e lo fa con una fermezza tutta sua, senza mezzi termini, usando le parole come pietre, scagliate da chi il peccato in questo caso non la ha commesso. Jewell è vittima e prodotto di una società indirizzata verso il baratro da molto tempo, un sentiero battuto dai palazzi del potere, che dall’ignoranza e dalla povertà traggono forza, voti e denaro.
Messaggi che arrivano potenti
Grazie all’asciuttezza classica della messa in scena, del racconto, del montaggio. Eastwood ci offre come sempre una vera e propria lezione di cinema, tra campo-controcampo dai tempi e dai tagli perfetti, movimenti di macchina morbidi che raccontano più di mille parole, e un cast magnifico, a partire dalla famiglia Jewell.
Paul Walter Hauser si era fatto notare per la sua bella interpretazione del bifolco White Trash di I, Tonya. Qui dimostra di essere un attore a tutto tondo, con molte sfumature e grande sensibilità. Kathy Bates è semplicemente perfetta nella parte della sua amorevole madre. Attorno a loro, il lusso di poter contare su Sam Rockwell, avvocato idealista e un po’ cialtrone, Jon Hamm, agente dell’FBI senza scrupoli, e Olivia Wilde, giornalista anche peggiore.
E più che allo Stato, a cui comunque non fa sconti, Eastwood vuole togliersi qualche sassolino soprattutto nei confronti dei media, maggiori colpevoli oltretutto della poca considerazione che l’Academy ha nei confronti dell’attore e regista negli ultimi quattro anni. Da quando, cioè, ha detto delle cose su Donald Trump che sono state totalmente travisate. Le sue dichiarazioni erano abbastanza chiare, e decisamente non pro Trump. Ma talvolta è meglio capire quello che fa comodo, invece della verità dei fatti. Proprio come è successo con Richard Jewell.