Dolittle è un personaggio letterario inventato negli anni Venti. Probabilmente i più sono ignari di questo e pensano che il nuovo film con Robert Downey Jr. sia il remake delle commedie con Eddie Murphy. Ebbene, questo personaggio così fortunato, il Dr. Dolittle (ma ai giorni nostri il titolo cade, perché la cultura è da sfigati) ha avuto una decina di adattamenti su media vari, compresi radio e teatro, anche in versione musical. La storia del dottore che sa parlare con gli animali, e pertanto si può prendere ottimamente cura di loro, era una deliziosa serie di romanzi per ragazzi e l’autore la pensò sulle prime al solo scopo di intrattenere i propri pargoli. La idee geniali sono sempre le più semplici.
Ebbene, eccoci oggi. Nuovo Dolittle, nuovo volto, nuove avventure. Nuove solo al cinema, giacché basta aprire a caso uno dei tanti volumi per trovare lo spunto, già raccontato, per avviare l’incipit di una nuova sceneggiatura. Dolittle non ne vuole più sapere degli umani. Gli animali sono migliori. Sua moglie è morta e lui vive da eremita, con una discutibile igiene personale – poco credibile per un medico, a dire il vero – e tanto caos ambientale e mentale. Ma la regina d’Inghilterra rischia di morire, e la sua sua dama di compagnia bambina si rivolge al geniale dottore.
Un Dolittle tra Sherlock Holmes e Jack Sparrow
Un Dolittle così non lo avete mai visto. Non perché ha le fattezze di Robert Downey Jr. e pertanto è maledettamente bello. Anche Eddie Murphy lo è. Piuttosto perché il buon Robert si diverte a metterci del suo, e questo Dolittle somiglia tanto nei modi al suo Scherlock Holmes. Pazzo e geniale, osservatore minuzioso, maniacale luminare e custode di arti e scienze. Senza pregiudizio alcuno se non verso l’umanità. Come l’investigatore, anche il medico è misogino e misantropo. A questo si aggiunga la volontà degli sceneggiatori di bissare il successo di un personaggio come Jack Sparrow, già dalle prime scene. Barba con le treccine, un pout purrì di strati dal sapore esotico e vagamente ridicolo per il suo costume, un modo di fare tra il folle e il perennemente ubriaco. Tutte cose che al caro Robert riescono benissimo. Se ciò non fosse stato ancora chiaro, ecco il nostro bel dottore salpare a bordo di un veliero dal look piratesco alla ricerca nientemeno che dell’Albero della Vita, il cui frutto guarisce da ogni malattia. Chissà come mai nessuno ci aveva mai pensato. O ci era mai riuscito, data l’estrema facilità di reperire gli indizi e intraprendere una navigazione.
Un Dolittle animalista e vegano
Nel tempo del film, la domanda è e resta una soltanto. Perché mai Robert Downey Jr. ha dovuto prestarsi a tale gioco? Dati gli incassi e i diritti che avrà per tutti le volte in cui è stato Iron Man, la risposta non possono essere i danari. Ce lo chiedemmo anche all’epoca per Johnny Depp, ma poi va ammesso che Pirati dei Caraibi, almeno nei primi capitoli, era un racconto divertente e ben realizzato. Qui tutto è giocato sugli effetti speciali per animare i tanti animali amici e collaboratori del Doc, in una sequela di gag divertenti – forse – solo per bambini sotto una certa età.
L’unica nota positiva sembra il messaggio: animalista forte e chiaro. Una ecologia antispecista e un grande rispetto per l’ambiente – che comunque non è cosa da poco. E d’accordo che Dolittle parla con gli animali, quindi sarebbe difficile credere che li mangi… ma qui tutte le tavole, anche quelle dei cattivi e dei ricchi sovrani con pochi scrupoli sono imbandite di frutta e verdura crude. Che questo nuovo Dolittle stia seguendo il messaggio vegano sempre più voluto da Hollywood? Tutto buono, tutto sano. Però se parliamo di cinema, i bei film per ragazzi sono altri.