Perché dovremmo iniziare un articolo su Carlo Verdone parlando di Giancarlo Magalli? Perché in pochi sanno che questo piccolo grande uomo era uno degli autori delle più fortunate trasmissioni di cabaret degli anni Settanta, Non Stop, contenitore ante Drive In e prezelighiano dove hanno visto la luce Massimo Troisi con La smorfia, i Gatti di Micolo Miracoli, il trio Nuti, Cenci, Benvenuti al secolo i Giancattivi e poi anche singoli come Marco Messeri e proprio Carlo Verdone.
Scrivere un articolo serio su Carlo Verdone è difficile
Vengono in mente i suoi inizi, sketch in cui interpretava diversi personaggi, dal coatto al disadattato, dal democristo alla vecchietta, in cui si chiedeva “ma è morto Manzoni?”, oppure mostrando la pistola “io c’ho questa” e poi esibendo il porto d’armi “e chi m’ha data? M’ha data questo!”.
Potremmo continuare per ore, ma il risultato sarebbe sempre lo stesso: raccontare la lunga vita di un osservatore della realtà italiana a tutto tondo. Perché è quello che ha fatto questo ragazzo romano pieno di talento, figlio di uno dei più apprezzati storici del cinema del nostro paese e padre di una serie infinita di personaggi che ognuno di noi ha, almeno per una volta nella vita, citato o imitato.
Sono passati quasi trent’anni dalla sua prima volta al cinema, Un sacco bello, quando i suoi tre personaggi principe, il coatto, il disadattato e il freakettone, hanno sconvolto l’Italia. Una comicità travolgente allo stesso tempo triste riflessione sul Bel Paese di quei tempi difficili, quelli delle BR e del compromesso storico, della crisi dei valori e di quella energetica, delle mode mutuate dagli States mischiate con la tradizione provinciale italiota, sempre pronta a prendere il sopravvento..
Carlo Verdone non si è mai negato un’occasione per raccontare attraverso le facce e le storie questo stivale che sa essere ricco, generoso, intellettualmente superiore, ma anche povero spiritualmente e deficitario per tante altre ragioni. Eppure, in questo panorama fondamentalmente arido, Verdone è riuscito a regalarci dei personaggi a cui affezionarci, per certi versi indimenticabili, oltretutto spesso cambiando anima e registro, cimentandosi anche in storie che a molti sono sembrate lontanissime dalle sue corde, ma che erano in realtà affini alla grande sensibilità di questo cineasta. E per capire meglio la sua lunga carriera, la cosa migliore è seguire un ordine sparso rigidissimo di punti fermi, a partire da…
Carlo e le donne
Mettendo la parte la vita privata del signor Verdone che, per quanto parte integrante del suo cinema, non è materia del contendere in questa sede, quello che ci interessa è fare una rapida carrellata delle attrici che hanno interpretato, quando non addirittura ispirato i film di Carlo. Due vengono alla mente su tutte: la Margherita Buy/Camilla di Maledetto il giorno che ti ho incontrato e la Claudia Gerini/Jessica di Viaggi di nozze. Se nel primo caso si tratta di un personaggio costruito addosso all’attrice, per molti versi complementare a quello di Verdone, nevrotica, ansiosa, ipocondriaca, nel secondo ci troviamo di fronte a un vero e proprio fenomeno di emulazione, in cui una ragazza alle prime armi trova la sua strada reinventando al femminile un personaggio tipico del primo Verdone.
Entrambe hanno poi avuto la possibilità di lavorare nuovamente insieme a lui, la Gerini in Sono pazzo di Iris Blond, vero e proprio atto d’amore di Verdone nei confronti dell’attrice, e la Buy in Ma che colpa abbiamo noi, sorta di opera catartica in cui l’attore e regista vuole dare una svolta alla sua vita artistica e umana.
Ma scorrendo la filmografia del nostro eroe, troviamo molte altre attrici che devono tanto ai personaggi verdoniani. Eleonora Giorgi in Borotalco, Natasha Hovey in Acqua e sapone, Asia Argento in Perdiamoci di vista e poi Francesca Neri (Al Lupo al lupo), Regina Orioli (Gallo Cedrone), Laura Morante e Stefania Rocca (L’amore è eterno finché dura) e soprattutto Ornella Muti, che in Io e mia sorella e Stasera a casa di Alice è stata vera e propria musa di due dei suoi film più riusciti. Un discorso a parte va poi fatto per la Sora Lella, sorella di Aldo Fabrizi e nonna acquisita del regista. La troviamo in Bianco, Rosso e Verdone e Acqua e sapone e, soprattutto nel primo film, si tratta di una presenza indimenticabile.
Carlo Verdone e la musica
Perdonate una digressione da parte di chi scrive: era il lontano 1983 e il sottoscritto era ad un concerto di Lucio Dalla, in quegli anni supportato dagli Stadio, a cui Dalla lasciava ovviamente spazio durante la serata per alcune delle loro canzoni. All’attacco di Grande figlio di puttana, canzone portante del film Borotalco, alla batteria si siede a sorpresa Carlo Verdone, che con le bacchette se la cava anche piuttosto bene.
https://youtu.be/8MxWaRtFU3o
La musica è infatti da sempre il secondo grande amore di Verdone, non a caso molto spesso i suoi personaggi hanno a che fare con il mondo delle sette note. In Borotalco Sergio Benvenuti vende porta a porta i dischi de I colossi della musica. In Sono pazzo di Iris Blond è un musicista così come in Io e mia sorella e in Al lupo, al lupo lo è mancato e riciclatosi deejay (“Nun ve ce manno a casa stasera. A senzatetto!”). In Maledetto il giorno che ti ho incontrato, poi, è un giornalista musicale che segue le tracce della misteriosa morte di Jimi Hendrix, e proprio grazie al suo film riapre una pagina oscura della storia del rock (e sempre nello stesso c’è un cameo di Richard Benson, chitarrista e conduttore di Ottava nota, trasmissione culto per gli amanti della sei corde in onda da quasi trent’anni su una televisione privata romana).
“…come Benvenuti a Genova, Benvenuti a Pisa…”.
“Basta, basta, nun ne di’ più, ho capito”
Dal film “BOROTALCO”
Questa grande passione ha portato anche a scelte particolari per le sue colonne sonore, dal Morricone dei primi film, a Lucio Dalla e gli Stadio per Borotalco e Acqua e sapone, fino al Vasco Rossi di Stasera a casa di Alice e ovviamente al rock classico di Maledetto il giorno che ti ho incontrato.
Carlo e la coppia
Non coppia intesa come compagna, ma come coppia comica. Pur avendo costruito la sua carriera sul concetto di One Man Show, Carlo Verdone è riuscito a trovare nella sua carriera una serie di compagni di viaggio che hanno esaltato le sue doti comiche e le sue sceneggiature. Delle attrici abbiamo già parlato, ma ci sono stati alcuni attori che hanno supportato magistralmente Verdone, contribuendo in maniera determinante al successo dei suoi film.
Basti pensare al cognato Christian De Sica che in Borotalco è il suo compagno di stanza, artista nichilista con aspirazioni broadwayane (il loro duetto alla All That Jazz è un pezzo comico straordinario).
Oppure a Enrico Montesano ne I due carabinieri (“Ma lo sai chi sembriamo noi? Starsky e Hutch, i due carabinieri americani.” “No, sembriamo Stanlio e Ollio, è questa la tragedia!”), Sergio Rubini in Al lupo, al lupo e al recentissimo Silvio Muccino in Il mio miglior nemico. Ma se dovessimo dare un Oscar speciale in questa categoria, la statuetta andrebbe senza dubbio a Sergio Castellitto, magnifica spalla in Stasera a casa di Alice, dove il bravissimo attore e regista dimostra di poter essere un attore comico a tutto tondo, cimentandosi in una serie di duetti con Verdone da puro spettacolo di cabaret. Sarebbe davvero bello rivederli insieme.
Anche qui va fatto poi un piccolo discorso a parte per un pilastro del cinema italiano: Mario Brega. Questa faccia voluta anche da Sergio Leone ha accompagnato Verdone nei suoi film d’esordio. Il personaggio del suocero in Borotalco è assolutamente straordinario e il monologo che Verdone gli regala non ha niente da invidiare a quello di Rutger Hauer nel finale di Blade Runner.
Le maschere di Carlo Verdone
Quando Verdone tornò al grande successo di pubblico, dopo un periodo in cui il botteghino non gli aveva particolarmente arriso, lo fece con Viaggi di nozze, un film in cui tornava al suo primo amore, quello delle maschere della nostra Italia lazzarona. Ivano, coatto con lo spider Alfa che ha bisogno di fare sempre qualcosa di “ssstrano” per dare un senso alla sua noiosa esistenza quotidiana, è figlio del rimorchione di Un sacco bello con il Duetto multiaccessoriato per ogni evenienza.
“Voi beve? Drink! Voi fuma’? Smoke! Voi scopa’? Fuck!”
Così come il medico col cellulare è un Furio tecnologicamente ancora più evoluto, prodotto di tempi in cui l’italiano medio ha bisogno di omologarsi a una categoria per sentire un senso di appartenenza, a causa di una perdita di valori e di ideali che sembra oramai irreversibile. Verdone ha sempre avuto un grande pregio: quello di essere un attento osservatore della realtà che lo circonda, estremizzandola in grottesche caricature.
“Una volta, era la fine di febbraio” raccontò durante un’intervista parlando di come nacque il personaggio di Gallo Cedrone “ero andato a farmi una passeggiata sulla spiaggia a Castel Porziano, vicino Ostia. A un certo punto ho visto un tipo seduto su una sdraio, con la camicia aperta, il petto villoso con tanto di ciondoli e catene, e il trittico aperto per amplificare i raggi del sole. Erano le undici del mattino di un giorno feriale e mi sono chiesto perché fosse lì, cosa faceva nella vita, quanti ce ne fossero come lui e come passavano il loro tempo personaggi così. E mi sono messo a osservare questo nuovo genere di coatto metropolitano.”
Un vero e proprio pedinamento zavattiniano, se vogliamo, un retaggio che arriva molto probabilmente da quelle che erano le frequentazioni della casa paterna.
Eppure il personaggio più bello della filmografia di Carlo Verdone non se lo è ritagliato per sé, ma lo ha lasciato a un grande caratterista, incompreso tanto per cambiare, del nostro cinema. Parliamo di Manuel Fantoni, meglio noto alla Benemerita come Cuticchia Cesare, l’affascinante uomo di mondo di Borotalco (che ha in piscina una meravigliosa Moana Pozzi, giovanissima e come mamma la fece), interpretato in maniera magistrale da Angelo Infanti. Benvenuti Sergio diventa Manuel Fantoni, perché il nome appoggia meglio e perché tutti vorrebero essere, anche solo per un giorno, quelli che raccontano di come i seni di Raquel Welch siano come “du’ borracce. E i capezzoli? Du’ chiodi, che ce potresti attacca’ un quadro.”
Carlo e i suoi padri
Oltre il papà vero, Carlo Verdone ha avuto due padri adottivi, o putativi se vogliamo. E non sono due personaggi da poco. Il primo fu Sergio Leone. Fu proprio il regista di C’era una volta in America a dare a Verdone la possibilità di esordire sul grande schermo, producendo Un sacco bello e Bianco, rosso e Verdone. I due si sarebbero ritrovati nuovamente insieme per Troppo forte, film per il quale Verdone chiese ad Alberto Sordi, il secondo papà aggiunto, di inventare il personaggio del folle avvocato che segue lo stuntman Oscar Pettinari nella causa impossibile contro una grande produzione hollywoodiana. L’investitura come suo erede Albertone l’aveva già data a Verdone quando lo aveva scelto come co-protagonista di In viaggio con papà. E non aveva visto male, perché nessuno negli ultimi anni è riuscito a dare uno sguardo così attento all’italiano moderno, così come fece Sordi negli anni del dopoguerra e del boom economico. E non solo facendo ridere.
Carlo e il futuro
In realtà, il futuro di Carlo Verdone è iniziato molti anni fa, quando mettendosi completamente in gioco, decise di rischiare una ben avviata carriera di autore di commedie leggere per riflettere in maniera caustica e crudele sulla direzione che stava prendendo il nostro paese. Il film era Compagni di scuola, una riuscitissima opera corale in cui Verdone aveva riversato le speranze disattese e le miserie reali di una generazione, i quarantenni post-qualcosa, che avevano perso senza forse neanche combattere. Un film difficile, soprattutto perché diverso da tutto quello che ci si poteva aspettare da Verdone, ma che è in realtà ciò che lui mette quasi sempre sullo schermo, semplicemente mascherandolo da commedia.
Anche il team up con Silvio Muccino, per quanto divertentissimo, è venato da una profonda malinconia e disillusione, proprio come l’incompreso finale di Viaggi di nozze. Ivano che torna a casa con Jessica, sposini novelli: mentre lei va stancamente a dormire, perché non c’è niente di meglio da fare, il marito palleggia in salotto, finché non rompe una probabilmente costosissima e inutile suppellettile. Per poi sprofondare sul divano di fronte alla televisione accesa. Un’immagine pessimista e realista che solo un vero autore avrebbe usato per chiudere una commedia di successo. E questo crediamo sia il miglior complimento che possiamo fare a questo nostro uomo dai mille volti.
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