Attore prediletto da Lindsay Anderson, il mondo lo ricorda per la sua interpretazione di Alex, protagonista di Arancia Meccanica, uno dei capolavori di Stanley Kubrick. Ma Malcolm McDowell non ama essere ancora identificato in quel personaggio, soprattutto perché la sua carriera successiva lo ha visto in altri film che hanno lasciato un segno indelebile nella memoria dei suoi ammiratori, soprattutto nel genere fantastico.
Basterebbe ricordare il suo H.G. Wells ne L’uomo venuto dall’impossibile e il ruolo di villain in Generazioni, primo Star Trek cinematografico della Next Generation.
Elegante ed estremamente cordiale, McDowell ha incontrato la stampa italiana per presentare Evilenko, thriller scritto e diretto dal giornalista David Grieco, ma oltre a parlare del film, ispirato all’agghiacciante storia del Mostro di Rostov, c’è stato anche modo di scoprire qualcosa di più su questo grande attore.
Mr. McDowell, quando ci si deve calare nei panni di un serial killer, oltretutto con tendenze cannibali, è impossibile non pensare a Sir Anthony Hopkins. Lei si è in qualche modo ispirato al personaggio di Hannibal Lecter per Evilenko?
Forse resterete delusi, ma non mi è neanche passato per la testa. Anthony Hopkins ha dato ne Il silenzio degli innocenti una delle più straordinarie interpretazioni della sua carriera e io lo considero uno dei più grandi attori mai nati sul territorio britannico. Ma Evilenko è un personaggio diverso rispetto ad Hannibal Lecter, quest’ultimo è un personaggio di fantasia, tratteggiato con minuzia e per questo reso intrigante. Evilenko è ispirato a un personaggio realmente esistito, davvero tutta un’altra cosa.
Com’è nata la sua collaborazione con David Grieco?
David e io siamo amici da molti anni e con questa scusa mi ha sfruttato facendomi lavorare per un tozzo di pane. A parte gli scherzi, io ho un casale in Toscana non lontano da quello di David e quando vado lì per riposarmi ci incontriamo per fare due chiacchiere. Io avevo letto il suo romanzo, “Il comunista che mangiava i bambini” e gli dissi che sarebbe stato fantastico se ne avesse tratto una sceneggiatura. L’anno dopo tornai in Toscana e David mi fece leggere lo script. A quel punto lo convinsi a dirigerlo, perché ero certo che nessun altro sarebbe stato in grado di trarne un buon film se non lui.
Avete lavorato insieme sulla sceneggiatura da quel momento in poi?
Gli chiesi di fare dei cambiamenti, soprattutto all’inizio, perché nonostante gli fossi molto grato del fatto che dopo cinque minuti il mio personaggio avesse già stuprato e ucciso una bambina, cosa che mi rendeva senz’altro più facile il lavoro come attore, magari poteva essere un po’ forte per il pubblico. Ovviamente non ne ha mai cambiato una riga e dopo qualche tempo mi chiamò per dirmi che aveva trovato i soldi per fare il film ed era pronto a partire. Io in quel momento stavo lavorando con Robert Altman in The Company, ma David a quel punto ha spostato il piano di produzione per darmi modo di poter far parte del progetto, cosa di cui sono molto felice.
Dopo Alex in Arancia Meccanica, ecco che veste i panni di un’altra personificazione del Male. Le è rimasto addosso qualcosa del lavoro con Stanley Kubrick e di quel personaggio in particolare?
Forse è il caso di fare qualche precisazione: sono passati trent’anni da quando ho fatto Arancia meccanica. All’epoca avevo ventisei anni, vivevo ancora in Inghilterra, poi mi sono sposato qualche volta, ho lasciato un po’ di figli in giro per il mondo, ma Alex era solo un personaggio, una parte del mio lavoro, una volta andato via dal set tornavo ovviamente a essere me stesso. Pensate se finite le riprese giornaliere di Evilenko fossi andato a cena con mia moglie con ancora addosso il personaggio. Voi come vi sentireste a cenare con una persona del genere?
Poi ci sono altre considerazioni da fare: erano gli anni Settanta, lavoravo con Stanley Kubrick, ma non dobbiamo dimenticare che Stanley trasse il suo bellissimo film da un romanzo altrettanto bello di Anthony Burgess e in questo caso, quindi, se dobbiamo dare a qualcuno l’etichetta del genio, diamola a lui. Nel caso di Evilenko, invece, essendo David autore del romanzo, sceneggiatore e regista, potete dare a lui tutta la colpa.
Parlando proprio del personaggio, quanto si è ispirato ad Andrej Cikatilo, ovvero il vero Mostro di Rostov?
Poco, perché non ho voluto interpretare il personaggio reale, ma quello del romanzo di David. Non ho fatto ricerche su Cikatilo, perché non mi interessava farne un’imitazione, l’unica cosa che realmente mi preoccupava era dare una fisicità all’interpretazione, far capire attraverso i piccoli gesti, le espressioni del viso, la postura, quale fosse il suo reale stato mentale e allo stesso farne una persona che, se ci si dovesse fermare a chiacchierare con lui, si potrebbe considerare assolutamente normale.