Ta le molte fiabe che si raccontano ai bambini prima di andare a dormire, Cappuccetto Rosso è sicuramente una delle più inquietanti. La metafora del lupo che si incontra nel bosco, parla alla fanciulla e la induce a cedere a un patto che lei inizialmente non voleva stringere non è certo chiarissima in tenera età, ma la sensazione che dietro ci sia un significato altro è già palese anche per i più piccini.
Se a questo aggiungiamo il fatto che non esiste una versione definitiva della favola stessa, e che quindi zii, nonni e genitori la raccontavano ciascuno in modo diverso, la confusione si infittisce. Charles Perrault è l’autore a cui comunemente si attribuisce il merito dell’invenzione della ragazzina con la mantellina rossa, in realtà la sua è solo la versione scritta più antica mai ritrovata.
Per questo e molti altri motivi non dà alcun fastidio che adesso Catherine Hardwicke porti sullo schermo un racconto lontano dalla favola, perché (al contrario dell’Alice di Burton) per Cappuccetto Rosso non esiste purismo, non c’è un testo da rispettare. Qui la fanciulla si chiama Valerie e non è una bambina. Perrault aveva un certo gusto per i racconti più inquetanti del folklore europeo (Pollicino, Barbablù, Hansel e Gretel), e anche questa fiaba è densa di simboli intrisi di cannibalismo e violenza. Hardwicke ha voluto imboccare quella strada, realizzando un film di formazione, un coming-to-age ambientato in un mondo sospeso nel tempo.
Cappuccetto Rosso Sangue: rimescolare la fiaba
Una leggenda quindi, più che una fiaba vera e propria, è alla base di questo film. Leggenda nella quale, a detta della regista, lo sceneggiatore David Leslie Johnson si è tuffato per trarne l’essenza e per poi arricchirla con elementi prodotti dalla sua fantasia, come lui stesso ha dichiarato.
“Ho fatto molta ricerca su come la fiaba è stata tramandata, a seconda del tempo e del luogo. Ben prima di essere raccolta in un’unica fiaba con ciliegina finale sulla torta, conteneva elementi visivi decisamente inquietanti e il finale non era tanto scontato. Mi piaceva l’idea di allargare l’origine della storia per aumentarne i fattori pericolo, suspense e avventura”.
Oltre agli elementi ormai noti, in Cappuccetto Rosso Sangue c’è una storia d’amore. O meglio, un triangolo amoroso: due giovani di estrazione sociale molto diversa si contendono il cuore di Valerie, e il bello è che uno dei due, non si sa quale, potrebbe essere il lupo, dal momento che in questa storia parliamo di un licantropo.
In questo senso, Cappuccetto Rosso Sangue somiglia molto meno alla versione di Perrault e presenta molti più elementi in comune con La camera di sangue, la bellissima raccolta di fiabe declinate in versione macabra e dai risvolti sessuali spiccatissimi scritta da Angela Carter nel 1979. Lì Cappuccetto Rosso è un’adolescente, a volte ingenua, altre ben più smaliziata, il lupo è un licantropo e potrebbe essere chiunque. Anzi, è chiunque, dal momento che cambia identità nei diversi racconti contenuti nel volume.
Così nella versione interpretata dalla bella e sempre più brava Amanda Seyfried: il licantropo è tra gli abitanti del villaggio e nessuno sa chi sia. Proprio la Seyfried fa notare che.
“Il triangolo d’amore rende la cosa ancora più interessante, perché Valerie non sa di chi fidarsi. Ama Peter, ma all’improvviso nota delle piccole cose in lui che la fanno riflettere. Può essere che l’amore della sua vita sia il lupo mannaro? Inoltre, sta coltivando il suo rapporto con Henry che si direbbe una brava persona, ma poi inizia a dubitare anche di lui. Deve capire se ciò che desidera è davvero quel che le serve”.
Una ragazza che si fa i suoi calcoli e cerca di capire quel che le serve è ben lontana dal solito “e vissero felici e contenti”.
La perdita dell’ingenuità
“Dalla prima volta che ho visto Amanda, sapevo che era speciale. Aveva tutto quello che ci serviva per il personaggio, soprattutto perchè non è la classica damigella da favoletta. Amanda è forte, sexy, divertente e vulnerabile – ha tutte queste qualità allo stesso tempo. Dal suo aspetto, si direbbe sia appena uscita da una favola. Ha una qualità eterea, con degli occhi incredibilmente magnetici”.
Questo è quel che pensa la Hardwicke della sua nuova protagonista, lei che con le giovani interpreti si è sempre cimentata, spesso scoprendo dei talenti in erba. E in effetti Amanda sa calarsi ogni volta in un ruolo diverso: che sia romantica lo abbiamo capito in Mamma Mia!, che sappia essere irresistibilmente sexy lo ha dimostrato in Chloe, che possa calarsi in un mondo dark in cui il pericolo potrebbe nascondersi dietro il volto di una persona amata lo ha affermato in Jennifer’s Body.
E il guaio, per Valerie, è proprio questo: perdere l’ingenuità e capire che il lupo assassino potrebbe essere chiunque, al villaggio, ma improvvisamente cogliere degli elementi di somiglianza tra il licantropo e quasi tutte le persone a cui vuole più bene, in primis i due ragazzi che la corteggiano, Peter e Henry. Come spiega la Hardwicke,
“Valerie inizia a diventare paranoica mentre nota piccoli dettagli ai quali non aveva mai fatto caso prima, segnali in precedenza insignificanti, ma ora importanti, intrisi di nuovo significato… Per tutta la vita ha visto la famiglia e gli amici sotto una certa luce, ma all’improvviso le cose sono cambiate, facendo calare l’ombra del dubbio”.
Il che, come molto cinema ci ha insegnato nel corso degli anni, può essere davvero terribile. Valerie è sola, non può fidarsi di nessuno, nemmeno di sua nonna, una sorta di sciamana che vive fuori dal villaggio, nel bosco, che conosce le erbe e i loro usi. Racconta ancora la Hardwicke che
“Una delle prime cose che ho detto in pre-produzione è che mai e poi mai la Nonna sarebbe stata una tipica nonna vecchia e saggia. La nostra nonna è una bohémien, ha lunghe trecce e vive lontano dal paese in mezzo al bosco, come se fosse avvolta nel mistero. Eravamo entusiasti quando Julie Christie ha accettato la parte, e lei era felice del fatto che il suo personaggio non sarebbe stata la solita nonna babbiona”.
La bella e saggia donna è l’unico punto di riferimento di Valerie, che nonostante la differenza di età, le confida i suoi segreti più nascosti. L’incredibile attrice infatti racconta che la Nonna
“È una nonna decisamente non-conformista. È un’artista e un’erborista, una specie di guaritrice. È molto saggia e comprensiva ed è sempre stata molto protettiva con Valerie. Per questo la ragazza ha sempre raccontato alla nonna i suoi segreti più nascosti”.
Non ultimo il suo amore per Peter, un umile taglialegna che le chiede di fuggire con lui. Valerie è promessa a un altro, Henry, figlio della famiglia di fabbri più benestante del paese, il preferito dalla madre della ragazza perché potrebbe portarle la serenità economica che lei non ha mai avuto. Peter e Henry sono interpretati nel film rispettivamente da Shiloh Ferndndez e Max Irons (figlio di Jeremy), e il loro giovane fascino rende ancora più credibile l’indecisione di Valerie.
Chi c’e’ sotto il mantello?
Per tutto il film l’unico indumento rosso è la mantellina di Valerie. La costumista Cindy Evans ha fatto un ottimo lavoro in questo senso, conferendo una simbologia ai colori che caratterizza ciascun personaggio. Da sempre il rosso della mantellina è stato analizzato da psicologi e sociologi: c’è chi lo vede come simbolo astratto della pubertà, chi invece arriva persino a identificare il rosso con il sangue mestruale (facendo diventare in questo modo manifesta la maturità sessuale della protagonista).
Per tutti, comunque, Cappuccetto Rosso non è più una bambina, ma una fanciulla, non ha paura del bosco (mondo) come per esempio Hansel e Gretel e anzi ci si avventura e si attarda al suo interno, esplorandolo, per sua stessa volontà.
Cappuccetto Rosso Sangue, quello di Valerie non è l’unico mantello
C’è il soprabito fluente di Padre Salomon, chiamato per liberare il villaggio dal Lupo, che ha la stessa valenza e che è di velluto viola. La Evans spiega che il viola
“Simboleggia il potere e la ricchezza. Secoli fa, per ottenere il colore viola si usavano le tinture più costose. Era il colore dei reali e per noi era un modo per asserire che Solomon era un uomo potente”.
L’ambiguo personaggio, a metà tra un uomo religioso e una figura spaventosa, arriva al villaggio chiamato dal più giovane e superstizioso Padre Auguste, e rivela a tutti che il lupo, il pericolo, si annida proprio tra di loro. Per quel che ne sanno, il Lupo potrebbe non essere cosciente quando è trasfigurato, per questo gli abitanti del villaggio iniziano a dubitare persino di loro stessi. In più un evento cosmico che si verifica ogni tredici anni sta per accadere: Marte e la Luna si allineeranno, il satellite si colorerà di sangue e il morso del lupo mannaro sarà capace di trasformare, creando un altro licantropo.
Gary Oldman dice di aver accettato il ruolo perché ha pensato che sarebbe stato divertente interpretare Padre Salomon.
“Un uomo che sembra posseduto. Ha conosciuto gli abissi dell’animo umano e ora pensa di essere in missione assoluta… Crede davvero di essere la spada del Signore”.
Per la struttura narrativa della ragazza contesa tra due giovani, condita da elementi soprannaturali ben oltre quelli già presenti nella leggenda originaria, Cappuccetto Rosso Sangue somiglia molto più a una delle saghe letterarie contemporanee dal sapore dark-fantasy. Se Catherine Hardwicke sia rimasta incastrata nella saga di Twilight non lo sappiamo, ma di certo la sua spiccata propensione a raccontare storie di adolescenti la dice lunga sul pubblico a cui è indirizzato questo film. Se a questo aggiungiamo quanto è importante dare una precisa identità visiva per la regista, creare un imaginarium che sospenda tutto al di fuori del tempo e dello spazio, la similitudine ci dovrebbe venire concessa ancor di più.
Questo Cappuccetto Rosso Sangue deve di più al ciclo di libri di Vampire Diaries e simili che a Perrault e i Grimm. Speriamo solo che non compaiano anche dei vampiri.