Jeremy Renner fino a tre anni fa non sembrava destinato a successi siderali. Attore di talento, spesso utilizzato in ruoli problematici, ma dopo i trentacinque anni è difficile che Hollywood offra la possibilità di diventare una star di prima fascia. Anche The Hurt Locker non sembrava essersi rivelata una scelta vincente: praticamente ignorato a Venezia 2008, incassa pochi spiccioli ovunque, Stati Uniti compresi.
Fino al miracolo: il film viene candidato all’Oscar, dove batte addirittura Avatar, e Renner, pur lasciando la statuetta come migliore attore nelle mani di Jeff Bridges, inizia una nuova vita. Una pioggia di offerte che ci ha raccontato in una camera dell’Excelsior al Lido di Venezia, durante l’ultima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica, dove abbiamo parlato anche di The Town, presentato fuori concorso, solido heist movie diretto da Ben Affleck che dirige e duetta con questa nuova stella.
La vita può davvero da un giorno all’altro, lei ne è una prova vivente…
È incredibile, tutto è arrivato così in fretta, da Mission: Impossible: IV a The Avengers. La candidatura all’Oscar è stata una grande spinta per la mia carriera ed è stimolante poter fare film di questa grandezza che vedranno tanti spettatori nel mondo.
Eppure non è un caso, in fondo la grande versatilità che ha dimostrato nella sua carriera l’ha aiutato molto in questa nuova fase…
Sì, è vero, mi è sempre piaciuto fare cose diverse e questo mi aiuta a non precludermi niente. Sono felice di poter fare un action movie o il supereroe, ma anche di poter lavorare in The Town, in cui il mio personaggio ha una psicologia molto ben tratteggiata.
Una volta Casey Affleck mi disse: “Non avrei mai immaginato che mio fratello potesse essere un così bravo regista, visto com’è come attore”. Ovviamente scherzava…
Casey è fantastico, abbiamo lavorato insieme in The Assassination of Jesse James, è un ragazzo che adora scherzare. Ben è un ottimo attore e in The Town lo dimostra. Come regista mi ha fatto sentire molto bene sul set, riesce a tenere tutto sotto controllo mantenendo un clima estremamente rilassato, il lavoro in questo modo scorre in maniera molto fluida. The Town non doveva essere il suo secondo film da regista, lo ha accettato in corsa, ma ha fatto un ottimo lavoro. Se vorrà, per i suoi prossimi lavori, io sono già a disposizione.
Parlando di registi, torniamo a Mission Impossible. Verrà diretto da Brad Bird, maestro dell’animazione che per la prima volta si cimenta nel live action. Cosa si aspetta?
Sono molto felice, Brad Bird è un genio, ha lavorato per anni a I Simpson, Il gigante di ferro è un film straordinario e i suoi film alla Pixar dei capolavori come Gli incredibili e Ratatouille. Dalle prime riunioni per Mission Impossible credo di aver capito che nel film ci saranno tutti gli ingredienti vincenti del cinema di Brad: azione, ironia, commedia, melodramma e soprattutto una grande attenzione a sottotesti di grande spessore.
Circola la voce che potrebbe essere lei a sostituire Tom Cruise nei successivi episodi, se il franchise dovesse continuare…
Sì, c’è una variante della sceneggiatura che prevede quest’opzione, ma dipende da molti fattori: se il film andrà bene, prima di tutto, e poi se Tom davvero vorrà non interpretare più Ethan Hunt.
Torniamo per un momento agli Oscar: ha avuto modo di incontrare Jeff Bridges dopo gli Academy Award?
A dire il vero no, ma ci eravamo conosciuti qualche sera prima della consegna delle statuette alla cena che riunisce i candidati. Perdere un Oscar da lui è un onore, è una persona eccezionale e uno dei più grandi attori di sempre. He’s a great dude!
Well, actually he’s The Dude… Anche lei comunque sta dimostrando un talento straordinario. Quando ha cominciato a recitare?
A scuola, alle superiori, mi è servito moltissimo per riuscire a gestire il mio carattere e il rapporto con il prossimo. Recitare mi ha dato molta sicurezza che in un quartiere come quello in cui vivevo era una cosa molto importante.
Un elemento che sicuramente deve averla aiutata molto anche per costruire Jem, il suo personaggio in The Town…
Sì, in parte è vero. Jem è un personaggio molto controverso, che non riesce a esternare nella maniera giusta le proprie emozioni, anche perché in quartieri duri come quello di Boston in cui è ambientato il film essere delle persone sensibili è un segno di debolezza, per questo finisce con l’avere una visione distorta della realtà. Era così anche dove vivevo e comprendo anche il suo bisogno di crearsi una famiglia disfunzionale composta dai suoi compagni di strada.
A proposito di famiglia, lei si è fatto accompagnare alla cerimonia degli Oscar da sua madre.
Sì, è stato bellissimo per me vederla vivere questa favola. La mia famiglia è tutto, conta più di qualunque altra cosa.
Penso agli Oscar e penso a Kathryn Bigelow. Com’è stato lavorare con questa tough woman sul set di The Hurt Locker?
Dicono tutti che Kathryn sia una regista difficile, ma personalmente mi sono sentito amato e rispettato sul set per tutta la lavorazione. È un’artista straordinaria che non lascia niente al caso, molto attenta ai particolari, con una visione cinematografica eccezionale.
Ultimamente la sua strada si è spesso incrociata con quella di Noomi Rapace che sembrava dover essere anche lei della partita per M:I-IV, ma sarete insieme in The Raven e Hansel e Gretel…
Noomi è un’attrice straordinaria, ho visto tutto quello che ha fatto. Hansel e Gretel mi intriga molto, i protagonisti della fiaba hanno vent’anni di più e sono diventati dei cacciatori di streghe. Il regista è Tommy Wirkola, un norvegese pazzo e pieno di talento.
Quindi i prossimi mesi si prevedono piuttosto movimentati per lei…
Nell’immediato c’è il set di M:I-4, prima a Praga, poi a Dubai e in altri posti in giro per il mondo. Poi The Raven e Hansel e Gretel e infine The Avengers, nel frattempo sto leggendo delle altre sceneggiature. È vero, è incredibile come la vita possa cambiare da un giorno all’altro.