Una delle cose che contraddistingue il cinema di Noah Baumbach da Brooklyn è il saper fare incontrare le generazioni. Sarà perché figlio di una coppia di critici cinematografici di vaglia, ma tant’è che Giovani si diventa (titolo originale While We’re Young, dal significato ben più pieno) è un bell’esercizio per mettere a confronto tre diverse epoche attoriali, ma anche una interessante riflessioni sul cinema della realtà e la realtà del cinema.
Nelle sale italiane dal 9 luglio, distribuito da Eagle Pictures, Giovani si diventa racconta l’incontro di una coppia di quarantenni, Ben Stiller e Naomi Watts, con due giovani hipster di Williamsburg, la tana dei nuovi alternativi newyorkesi, interpretati da Adam Driver e Amanda Seyfried. L’incontro riaccenderà la scintilla nell’annoiata esistenza della coppia matura, ma porterà anche a una serie di colpi di scena inaspettati.
Commedia agrodolce, While We’re Young è uno dei film meglio riusciti di Baumbach, il cui prossimo, Mistress Manhattan, scritto e interpretato dalla musa del cinema indie, nonché sua compagna, Greta Gerwig, uscirà negli USA il 14 agosto, dopo il passaggio all’ultimo Sundance nello scorso gennaio.
Abbiamo incontrato Noah Baumbach a Londra per una lunga e piacevole conversazione, parlando di cinema, musica e hipster.
Noah Baumbach, While We’re Young è una storia autobiografica?
I miei film sono tutti molto personali, sono le storie che scrivo, ma credo che in nessuno ci siano elementi autobiografici, compreso Il calamaro e la balena, che è senz’altro quello che è più vicino a ciò che sono.
Da dove nasce l’idea del film?
Un giorno mi sono accorto di continuare a vedermi in una versione più giovane di me. So che non è così, ma è un fenomeno comune superati i quaranta, e mi sembrava interessante esplorarlo. In più volevo raccontare una storia di coppie che si proiettavano l’una nell’altra.
Il film sembra scritto per i suoi quattro protagonisti. Sapeva già che sarebbero stati loro quando scriveva?
No, avevo in mente solo Ben Stiller, ho iniziato a lavorare al film poco dopo Greenberg e Ben era perfetto. Poi ho girato prima Frances Ha e dopo avere incontrato Adam Driver mi sembrava che nessun altro potesse interpretare il personaggio di Jamie, lo rende reale agli occhi del pubblico.
Brooklyn, storie di coppie e di un regista che riflette sul significato del suo lavoro: impossibile non pensare a Woody Allen.
Sono cresciuto guardando il cinema di Woody Allen, e non poteva essere altrimenti. Sono nato a Brooklyn, ho frequentato il suo stesso liceo, amo il cinema che piace a lui, è logico che ne sia stato influenzato, ma più a livello inconscio, non penso ai suoi film quando scrivo. Qui le fonti d’ispirazione sono state le commedie adulte degli anni Settanta, quel cinema in cui registi come Hal Ashby, Mike Nichols, Sidney Pollack erano maestri.
Periodo aureo di Hollywood a cui rende omaggio con due artisti che lo vissero in pieno, Charles Grodin e Peter Bogdanovich.
Allora le idee del cinema indipendente erano più facilmente accettate dagli studios e dal pubblico, basta pensare che i film di un autore come Hal Ashby erano considerati prodotti mainstream. Grodin è un attore eccezionale e la sua presenza ha dato al film la sincerità del cinema degli anni Settanta. Sono stato fortunato, Charles si è praticamente ritirato, ma il mio casting director lo aveva incontrato in un ristorante e abbiamo provato a mandargli la sceneggiatura. Gli è piaciuta e ha accettato. Peter è un vecchio amico ed è stato generoso, ci ha regalato un giorno per lavorare con noi.
La colonna sonora è molto bella, mi ha colpito l’uso del concerto per mandolino di Vivaldi.
Quel brano era già stato usato nella colonna sonora di Kramer contro Kramer, altro film ambientato a New York che parla di una coppia in crisi, mi sembrava funzionasse bene anche qui. Poi è un movimento classico dalla grande modernità, adatto alla storia che volevo raccontare.
A proposito di musica, nel film troviamo anche l’ex Beastie Boy Adam Horovitz.
Conosco Adam da qualche anno ed era un po’ che volevamo fare qualcosa insieme. Il ruolo dell’amico di Ben che diventa padre mi sembrava perfetto, anche perché sono davvero amici nella vita. Mi sono reso conto solo dopo che vederlo con un neonato appeso al petto sarebbe stato un trauma per i fans dei Beastie Boys: hanno dovuto accettare di essere cresciuti.
Si è divertito a mettere alla berlina gli hipster che popolano oggi il quartiere dov’è nato e cresciuto?
Il problema era riuscire a inseguirne le mode, che cambiano continuamente. Alla fine ho deciso di crearne una versione personale, lavorando molto con costumista e scenografo. Ci siamo ispirati al cinema underground della fine degli anni Sessanta per i vestiti di Adam e Amanda, mentre per esempio i rollerblades erano una reminiscenza del mio passato che ero certo sarebbe tornata di moda. Ed è successo, ma quando è uscito il film erano di nuovo out.