Magari ci avrà messo un po’ per smaltire la delusione, e anche noi a dire il vero, ma Terry Gilliam è un tipo che non si butta giù, né facilmente, né a lungo. Quindi dopo il disastro del suo incompiuto The Man Who Killed Don Quixote (progetto peraltro tutt’altro che accantonato, dato che sta cercando di riacquisirne i diritti per poter rimettere in piedi la produzione), l’ex Monty Python americano (che già da qualche tempo è diventato cittadino britannico a tutti gli effetti) si è rimboccato le maniche e si è messo subito al lavoro su di un altro, ovviamente ambiziosissimo progetto (anzi, due, visto che è già pronto Tideland, un film per bambini scritto di suo pugno).
Suo complice Harvey Weinstein, che ha sborsato ben novanta milioni di dollari per costruire il mondo fatato e sporco, ovvero in puro stile Gilliam, di The Brothers Grimm, in italiano I fratelli Grimm e l’incantevole strega, in cui Heath Ledger e Matt Damon sono rispettivamente Jacob e Wilhelm, i geniali inventori di favole che incontriamo all’inizio della loro carriera, quando le fole le contavano agli ingenui paesani della Germania del 1812, durante l’invasione napoleonica.
Esperti effettisti speciali, The Brothers Grimm viaggiano di paese in paese creando streghe, orchi e draghi da debellare, così da poter essere pagati dalla comunità in moneta sonante e, perché no, magari con le grazie di qualche donzella in fiore. Ma le cose non sempre vanno per il verso giusto, la vita è bizzarra, si sa, e quando meno te lo aspetti ti trovi ad avere a che fare con la realtà…
The Brothers Grimm è un compendio delle loro opere
Possiamo riconoscere facilmente Cappuccetto Rosso, Hansel & Gretel, l’omino di pan di zenzero e molti altri personaggi dell’incantato universo di questi due sognatori. Terry Gilliam, che ha sempre dichiarato di essere stato profondamente influenzato dalle loro fiabe, ci ha messo del suo, rivelando, se mai ce ne fosse stato realmente bisogno, il lato più oscuro di queste che da sempre vengono considerati racconti per bambini, ma che sono altresì d’inaudita violenza, quando non vere e proprie storie orrorifiche.
Come sempre accade nell’opera di Gilliam, il grottesco si mescola alla paura, la sporcizia rende tangibile il suo cinema, pura materia filmica impreziosita dalla ricercatezza dello stile. Il grandangolo la fa da padrone, la macchina da presa scruta i protagonisti da distanze ravvicinatissime, oppure li inscrive completamente nel mondo, facendoli diventare elementi di un complesso insieme composto di infiniti strati.
La coppia protagonista Ledger & Damon si lascia trasportare dal ciclone Gilliam senza opporre alcuna resistenza. Ledger, sulla cresta dell’onda dopo un trionfale festival di Venezia, dove era protagonista di ben tre film, tra cui Brokeback Mountain, vincitore del Leone d’oro, è Jacob, il Grimm più sognatore, quello che scrive le storie che poi ammanniscono al loro ingenuo pubblico. Cerca l’amore della sua vita ed è roso dal rimorso di aver scambiato da bambino una vacca con un sacchetto di fagioli magici, quando la sua famiglia stava morendo di fame.
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Matt Damon è invece Wilhelm, l’affarista della famiglia, cinico, donnaiolo, apparentemente senza cuore, ma che darebbe la vita per il fratello. I due si muovono all’interno del mondo fatato di Gilliam, dove incontriamo Jonathan Pryce che passa al soldo del potere dopo essere stato sovversivo per amore in Brazil, trasformandosi in ufficiale dell’esercito napoleonico perseguitato da una sbobba che maleodora anche attraverso lo schermo. Al suo servizio lo spietato Cavaldi, killer di origine italiana interpretato da un maestoso Peter Stormare, desideroso di torturare e uccidere in ogni fotogramma in cui appare e particolarmente inviso alla bellissima Lena Headey (teniamola d’occhio, la vedremo molto presto in The Cave), unica superstite di una famiglia sterminata dalla strega cattiva.
Già, e la strega? Monica Bellucci, naturalmente
A cui non è parso vero poter lavorare con Terry Gilliam e avere la possibilità di interpretare un ruolo in cui può esorcizzare l’eterno bisogno di vanità del mondo contemporaneo, lei che sulla bellezza ha costruito tutta la sua carriera.
The Brothers Grimm, anche a causa dei numerosi tagli che la pellicola ha subito (e non preoccupatevi, Gilliam ci ha già detto che tutto quello che manca sarà nella ricca edizione DVD) non è il miglior film di Terry Gilliam. Ma è, come sempre accade quando questo geniaccio decide di scomodarsi da un suo buen ritiro (uno dei quali è tra le colline umbre, anche se lui dice di non riuscire a passarci più molto tempo), un film molto profondo e che affronta importanti temi contemporanei, dalla società dell’apparire all’infanzia rubata, dagli abusi del potere all’assurdità della guerra.
Tutte cose che Gilliam ha molto a cuore e che probabilmente non ha perfettamente colto Ehren Kruger, sceneggiatore forse troppo impegnato a costruire il mito di se stesso, piuttosto che a sviluppare le molte possibilità messe a disposizione dalla storia, limite che ha inevitabilmente segnato anche la buona riuscita di The Skeleton Key.
Non manca però la ricchezza visiva, grazie ai costumi dell’italianissima Gabriella Pescucci, alle scenografie di Guy Hendrix Dyas e alla fotografia di Newton Thomas Siegel, questi ultimi due collaboratori di fiducia di Bryan Singer.
Molte perplessità suscitano invece gli effetti digitali, realizzata dalla società di proprietà dello stesso Gilliam, troppo marcatamente posticci e che non infondono neanche quel tocco artigianale che spesso abbiamo trovato nei meccanismi tipici dei suoi film, come ne Le avventure del Barone di Munchausen e I banditi del tempo.
E sebbene nel complesso non ci troviamo di fronte a un film del livello di questi ultimi citati, e tanto meno se pensiamo a La leggenda del Re Pescatore o L’esercito delle dodici scimmie, The Brothers Grimm è un’opera che resta dentro e che cresce, proprio come succede per le favole, racconti nebulosi quando si è bambini e che vivono insieme a noi, insegnandoci ogni giorno qualcosa di nuovo.