Il golpe militare che l’11 settembre del 1973 ha rovesciato il governo di Salvator Allende, e istituito la dittatura di Augusto Pinochet in Cile, è stato il momento in cui il vento ideologico del decennio successivo ha definitivamente smesso di soffiare. Per raccontare una delle pagine sociopolitiche più nere del Ventesimo Secolo, Costantin Costa-Gavras ha scelto di concentrarsi sulla storia della ricerca di Charles Horman, giovane idealista americano arrestato dai militari a Santiago il 16 settembre. La prima inquadratura di Scomparso-Missing è un primo piano di Charlie che guarda dei bambini giocare a calcio, mentre i carri armati dell’esercito pattugliano minacciosi le strade.
L’intento è chiarissimo: ciò che si vuole raccontare è la Storia
Ma attraverso i suoi effetti devastanti sul singolo individuo. Perciò ecco allo spettatore questo volto pulito e sorridente, il quale deve necessariamente essere ricordato perché sarà lui il protagonista assente, il centro emotivo della vicenda. Anche i flashback che ricostruiscono la vicenda dei suoi ultimi giorni da uomo libero servono più per delinearne il carattere aperto e solare di Charles che per gettare effettiva luce sui fatti in cui è stato coinvolto. Che l’elemento umano sia indispensabile a Costa-Gavras per poter poi estendere il discorso di denuncia lo esplicita anche la dolcissima scena del risveglio di sua moglie Beth, momento intimo di innegabile impatto emotivo.
Alla ricerca di Charles si mettono la consorte e suo padre Ed Horman, uomo d’affari dell’Upper East Side tradizionalista e profondamente cristiano, in aperto conflitto con le idee e lo stile di vita di suo figlio e della nuora. L’idea estetica e narrativa del film è tanto precisa quanto efficace: immergere l’uomo in un universo kafkiano fatto di burocrazia mastodontica e alienante, il mezzo principale con cui il regime è riuscito a fiaccare e poi annientare lo spirito civile di chi ad esso voleva ribellarsi.
Il percorso intrapreso dalla coppia mal amalgamata è un susseguirsi di colloqui, interviste, indagini: un processo farraginoso e stremante in cui la disperazione e la consapevolezza dell’inevitabile si infilano come sabbia nelle crepe della ragione e soprattutto della speranza.
In Scomparso-Missing non ci sono scene-madre
Ma un lento, ineluttabile procedere dentro un inferno di non-senso, di morte del diritto umano. Costa-Gavras non concede nulla alla narrazione classica ma lascia che la storia (vera) si dipani in tutta quella tremenda verità fatta di attese inutili come le speranze, di tempi morti e di dolore che si trasforma in angoscia, e poi in agonia.
Qua e là, a rappresentare iconograficamente l’inferno reale della dittatura e della sua violenza repressiva, alcune scene di simbolico orrore: un cavallo che corre terrorizzato per un viale deserto di Santiago, uno stadio di calcio che da luogo di aggregazione pacifica viene tramutato in prigione disumana, una tremenda passeggiata in mezzo a stanze piene di cadaveri, alla ricerca del corpo di un figlio perduto.
Il parossismo è presente, tangibile – esemplare quando in aeroporto vengono chiesti a Horman i soldi per le tasse sulla spedizione della bara contenente il corpo di Charles – ma mai prevaricante l’intimità e la realtà della vicenda di Ed e Beth.
La finezza psicologica della sceneggiatura scritta dallo stesso Costa-Gavras insieme a Donald Steward (premiata con l’Oscar per l’adattamento dal libro di Thomas Hauser) sta nella linea ideale che ricongiunge un figlio e un padre che in realtà non conosceva lo stile di vita del suo ragazzo. Proprio nella tragedia della scomparsa Ed ritrova un legame vero, fatto di gesti istintivi, rabbiosi di fronte all’orrore di ciò che sta accadendo al Cile. Non è un caso se per arrivare finalmente alla verità ineluttabile Horman deve distaccarsi per poche ore da Beth, e appropriarsi della morte di Charles in silenzio, trovando una connessione impossibile da condividere con nessuno.
Missing è sulle spalle di un grande attore
Jack Lemmon riesce a uscire dal “tipo fisso” nevrotico che si era costruito a partire dalla seconda metà degli anni ’60 e lavora in maniera sottilissima sul fisico. All’inizio chino, con le spalle curve, il suo Ed Horman trova nella furia anche la dignità di un uomo che ha aperto gli occhi di fronte al mondo che lo circonda e alle ambiguità contenute nel sistema di vita che ha sempre appoggiato. Una prova d’attore dolorosa, meritevole come lo stesso film della Palma d’Oro a Cannes.