Francesco Nuti è morto, il 12 giugno del 2023, a poche ore di distanza da Silvio Berlusconi. Tutto quello che c’è scritto qui di seguito resta indelebile. Ciao Francesco, sei stato un grande artista.
Nato il 17 maggio del 1955 in quel di Prato, poi in un giorno di settembre se ne andò in un mondo parallelo, a causa di un incidente domestico di cui mai sapremo la dinamica. Quel 3 settembre il cinema italiano ha perso un grande protagonista, che per fortuna ci ha lasciato un’eredità da rivedere e rivalutare.
Francesco Nuti è un tassello fondamentale di quella che sarebbe poi diventata la fucina comica toscana. Operaio, sulla sua vita fuori e dentro la fabbrica della città natale, quando l’industria del tessile non era diventata monopolio cinese in Toscana, scrisse i primi monologhi. Il talento era evidente, se ne accorsero anche Alessandro Benvenuti e Athina Cenci.
La maledizione de I Giancattivi
La superstizione è per gli stolti, ma certo è che la storia di questo trio comico è stata segnata dalla cattiva sorte. Il terzo tassello fondatore era Paolo Nativi, che fu costretto ad abbandonare i compagni per un tumore che poi lo stroncò, a 36 anni, nel 1976.
Lo sostituì Franco Di Francescantonio, che restò nel gruppo due anni, per poi intraprendere la carriera solista. Di Francescantonio è mancato nel 2005, a 53 anni, anch’egli ucciso da una lunga malattia. Dopo di lui arriva per un breve periodo Antonio Catalano, e quindi Francesco Nuti, che non sarà l’ultimo. Prima dello scioglimento definitivo, l’ultimo dei Giancattivi sarà Daniele Trambusti.
Athina Cenci nel 2001, anche lei in settembre, il 13, viene colpita da un’emorragia cerebrale che la terrà lontana dalla vita artistica per quattordici anni. Anni che ha poi raccontato in una bellissima intervista pochi mesi fa.
Alessandro Benvenuti tiene botta, tra alterne fortune.
I Giancattivi di Benvenuti/Cenci/Nuti sono una delle massime espressioni del cabaret italiano in quel periodo d’oro che furono gli anni Settanta e i primi Ottanta. Trasmissioni storiche come Non Stop e Black Out portarono alla ribalta loro, insieme a La Smorfia di Troisi, Arena e De Caro, I Gatti di Vicolo Miracoli, Marco Messeri, e molti altri. Sì, anche Beppe Grillo, lo so.
I Giancattivi erano caratterizzati da una comicità surreale e acida, molto in linea con quello scorcio di storia italiana. La sintesi perfetta segnò anche la fine del sodalizio. A ovest di Paperino è un’opera avanguardista, film che fruttò a Benvenuti il Nastro d’Argento come regista esordiente, che dimostrò che attrice sopraffina fosse la Cenci, e che permise a Nuti di andare per la sua strada.
La trilogia di Maurizio Ponzi
Personalità complessa, Francesco Nuti era nato per essere un protagonista. Lo capì bene Maurizio Ponzi, che lo diresse in Madonna che silenzio c’è stasera, scritto dallo stesso Nuti e opera praticamente autobiografica, in cui l’attore si esibisce nella leggendaria canzone Pupp’a pera. A questo farà seguito Io, Chiara e lo Scuro, versione nostrana de Lo Spaccone che avrà due seguiti, uno vero e uno spirituale, diretti dallo stesso Nuti, Casablanca Casablanca e Il Signor Quindicipalle.
Il terzo e ultimo film del sodalizio è Son contento, altra storia in cui Nuti si mette a nudo, dimostrando ancora una volta che la sua personalità strabordante non può essere imbrigliata da un regista che non sia lui.
Francesco Nuti e le donne. Con le gonne
Il passaggio dietro la macchina da presa era inevitabile. E come molti altri comici della sua generazione che avevano già intrapreso la stessa strada, Nuti ha una voce diversa e particolare. Tutta colpa del Paradiso è una commedia romantica surreale e delicata, che alterna momenti esilaranti a scene drammatiche molto intense. Soprattutto, sin dal primo film si capisce che il regista Nuti ha una capacità straordinaria di rapportarsi con le sue protagoniste femminili.
Tutta colpa del Paradiso e soprattutto Stregati sono probabilmente due delle migliori interpretazioni di Ornella Muti. Il secondo è un film che andrebbe recuperato e studiato, all’epoca molto facilmente snobbato soprattutto a causa dell’egocentrismo di Nuti. Eppure le atmosfere notturne di Stregati sono quasi uniche nel panorama italiano, con una Genova magica e mai così cinematograficamente suggestiva.
Inoltre Francesco Nuti commette un grave peccato di superbia. I suoi film incassano bene, e non se ne vergogna, prendendosene il merito. Caruso Pascoski, di padre polacco, è un grande successo, oltre che una commedia scritta con estro eccezionale. Willy Signori e vengo da lontano è un film struggente, una riflessione straordinaria sul senso di colpa e del dovere, virato in chiave di commedia nera sentimentale, con gli immancabili inserti surreali che sono cifra stilistica di tutto il suo cinema. E Isabella Ferrari, protagonista femminile, deve molto della sua carriera successiva a questo film.
La seconda maledizione: Pinocchio
Dopo Donne con le gonne, che viene accusato pesantemente di maschilismo, ma che è in realtà un’assunzione di dipendenza dell’uomo nei confronti della donna, Francesco Nuti, da buon toscano, decide di rendere il suo personalissimo omaggio al racconto per eccellenza della tradizione letteraria della sua terra d’origine.
Prima o poi bisognerà redarre un accurato saggio psicanalitico sul perché artisti all’apice della carriera decidono di devastarla per girare la loro personale rilettura di Pinocchio. In anni recenti l’unico a salvarsi è stato probabilmente Matteo Garrone. La favola di Collodi viene poi sempre associata a un’idea di cinema larger than life, e le imprese del burattino finiscono con il diventare tragiche realtà produttive.
La storia di OcchioPinocchio andrebbe fatta studiare nelle scuole di cinema, per impedire ai futuri cineasti di rovinarsi la vita. Nuti le fa tutte: sfora con il budget di qualche miliardo, la lavorazione si complica a causa dei suoi eccessi personali, e la ciliegina sulla torta sono i contrasti sempre più duri con il produttore Vittorio Cecchi Gori. Le ragioni, vuole la leggenda, sono molte, ed è superfluo specularci. Il succo è che OcchioPinocchio è di fatto la fine della carriera di Francesco Nuti. Era il 1994.
Il Purgatorio prima dell’Inferno
La vita di Francesco Nuti sembra davvero ispirata all’opera di un altro sommo toscano. La sua Comedia è però rovesciata. Dal Paradiso è stata poi una inesorabile discesa all’Inferno. Il Purgatorio è la vita dopo OcchioPinocchio, con il tentativo di risorgere riprendendo in mano la stecca da biliardo, senza riuscirvi. Le cronache scandalistiche parlano dei suo stretto rapporto con la bottiglia, conseguenza della depressione in cui è caduto dopo il flop collodiano.
Eppure, Io amo Andrea e Caruso zero in condotta sono due film in cui in più di un momento si ritrovano la delicatezza e la malinconia dei tempi migliori.
Francesco Nuti è stato uno dei nemici giurati del cinema italiano
Non poteva essere altrimenti, una personalità troppo forte per un’industria che negli ultimi trent’anni ha cercato soprattutto una normalizzante omologazione, dividendo nettamente cinema popolare e cinema d’autore. Francesco Nuti voleva fare invece un cinema diverso, difficilmente categorizzabile, ma che aveva un grande appeal sul pubblico. Per trovare questa chiave, probabilmente è andato a scavare troppo dentro se stesso, scoprendo magari cose che avrebbe preferito non sapere.
È stato abbandonato, e certamente lo stesso Nuti, per carattere, è stato respingente. Una concatenazione di eventi lo hanno e ce lo ha fatto perdere. Ed è un tremendo peccato, perché Francesco Nuti avrebbe raccontato storie fuori dal comune e avrebbe fatto almeno un grande film che sarebbe rimasto nella storia del nostro cinema.
Ci manca Francesco Nuti, ci manca tantissimo. Per questo, con grande affetto e ammirazione, gli auguriamo buon compleanno.