È solo al secondo lungometraggio, ma è già uno dei più importanti registi del cinema spagnolo. Juan Antonio Bayona, classe 1975, si é presentato al pubblico internazionale con un “meló-horror”, The Orphanage, che in sé, per scrittura e temi, portava l’eredità del cinema americano degli anni ’80, quello con cui è cresciuto.
Pupillo della catalana Escac, scuola di cinema che ha contribuito negli ultimi anni alla rinascita del cinema spagnolo, J.A. viene sostenuto dalla stessa, attraverso la produzione Escandalo Film, per i suoi primi cortometraggi e per il suo esordio nel lungo.
Sin dagli inizi, l’attenzione di Juan Antonio Bayona é rivolta all’infanzia.
Le sue storie ruotano quasi sempre attorno alla crescita dei protagonisti o alla scoperta del mondo adulto, ma quello che più connota il suo percorso, é una straordinaria, e spontanea capacità di porsi al giusto punto di osservazione. Quello di Bayona é lo sguardo di un fanciullo, con tutto l’incanto e la meraviglia che lo caratterizza. Un atteggiamento che lo ha portato al successo e che conserva intatto anche nel suo ultimo, maestoso film. Il segreto del suo successo? Può darsi.
Di sicuro rivive nel suo cinema qualcosa del primo Spielberg, di Richard Donner, di Barry Levinson, di Joe Dante. Ma è anche dal punto di vista produttivo che il cinema di Bayona ha fatto la differenza in Spagna. Dopo Amenabar e De La Iglesia, con differenti risultati, é il protagonista di una delle esportazioni di maggior successo con il suo primo film.
Adesso con The Impossible si sta ripetendo
Ma con degli incassi in patria da record, rispetto al precedente. Oltre a costituire un primato commerciale, forse The Impossible rappresenta anche la punta più alta della nuova tendenza del cinema di intrattenimento spagnolo. Questa voglia di produrre film di intrattenimento con struttura produttiva e narrativa di ispirazione statunitense, negli ultimi anni ci ha dato la trilogia di Rec, i fortunati film americani di Rodrigo Cortés , Buried e Red Light, e il fantascientifico Eva di Kike Mallio, altro pupillo della Escac, vincitore del Goya come miglior opera prima.
Se la crisi ha rallentato gran parte dell’industria cinematografica spagnola, i nuovi talenti riescono, attraverso cooproduzione internazionali o fughe all’estero, a crescere, e il caso di Juan Antonio Bayona é sicuramente il più fortunato. Ma i talenti di esportazione di questa “nueva ola” coinvolgono anche altri aspetti della macchina cinema.
I direttori della fotografia Xavi Guimenez (L’uomo senza sonno, Agorà), nel passato recente, e Edu Grau (A Single Man, Buried) negli ultimi anni, sono due nomi di cui si sente sempre più spesso parlare a livello internazionale. Senza uscire troppo dal seminato, anche loro catalani e legati alla Escac, il primo come co-fondatore, il secondo come alunno e adesso anche insegnante.
Cosa ci riserverà il futuro cinema spagnolo crisi permettendo?