Tim Burton, il folletto di Burbank arriva a Roma, per presentare Big Fish, a oggi il suoi film più apparentemnte lontano dalle atmosfere per cui è stato acclamato in tutto il mondo. Eppure, il film con Ewan McGregor e Albert Finney è paradossalmente la sua opera per molti versi più personale. Sorridente, spiritoso, naturalmente vestito di nero dalla testa ai piedi, e con una capigliatura che farebbe invidia a uno spaventapasseri, il regista ci ha concesso una lunga conversazione durante la quale abbiamo parlato con lui di molti aspetti del suo cinema.
Tim Burton, i suoi attori tende a spingerli al limite delle loro possibilità.
Sono sempre stato molto fortunato ad avere grandi attori. Soprattutto per Big Fish dovevo fare pieno affidamento su di loro, perché il film non è stato girato in sequenza e la speranza era che riuscissero a trasmettere sempre le giuste sensazioni. Non è una cosa facile quando si lavora in questo modo e non tutti gli attori sono disposti spremersi per farlo.
In Big Fish ci sono ben tre attori non americani. Ha lavorato con loro in maniera particolare per quanto riguarda gli accenti?
È stato incredibile, perché i tre attori inglesi hanno assimilato l’accento del sud molto prima di quanto non riescano a fare gli americani del nord. Credo perché l’accento del sud ricorda molto quello scozzese.
Helena Bonham Carter, sua compagna e madre di suo figlio, è sempre truccata in maniera irriconoscibile nei suoi film. Come mai?
Non c’è nessun trucco, lei è proprio così. Quando la vedete carina, allora sì che c’è un grosso lavoro di make up.
Ok, allora continuiamo a parlare di attori: Albert Finney.
Basta incontrare Albert Finney per capire che è Edward Bloom. È pieno di emozioni e di carica umana e di ironia. Ricordo che un giorno eravamo sul set e arrivò la notizia della morte di Richard Harris. Stavamo leggendo un articolo che diceva che Richard avrebbe raggiunto altri attori inglesi del suo calibro in cielo, come Richard Burton o Albert Finney. E Albert leggeva il fatto che lo dessero già per morto in maniera assolutamente divertita. In Big Fish è entrato completamente nella parte. Ci sono state tante piccole cose che hanno contribuito a creare il personaggio, ma buona parte del merito va a questa fantastica persona.
Qual è il personaggio più simile a Edward Bloom nella sua cinematografia?
A Edward ho riservato lo stesso trattamento di Ed Wood, mentre Will è più come Batman, chiuso verso se stesso e ha una grossa componente di tristezza. In qualche strano modo il rapporto tra i due ricorda anche quello tra Batman e Joker.
Continuiamo con le sue scelte per gli interpreti di Big Fish: Ewan McGregor e Billy Crudup sono due attori in realtà piuttosto insoliti per lei. Come mai li ha scelti?
Ewan era perfetto perché somiglia molto ad Albert da giovane e ha in qualche modo lo stesso spirito. Per quanto riguarda Billy, ho sempre pensato che sia un grande attore, anche se negli Stati Uniti non è mai stato e non è ancora considerato una star.
Cosa pensa della candidatura all’Oscar per Johnny Depp?
Sono felicissimo per Johnny, dopo così tanti bei personaggi è finalmente riuscito a fare un film che incontrasse un pubblico davvero vasto. Il fatto è che negli Stati Uniti hanno sempre pensato che Johnny fosse arrivato sul pianeta Terra solo l’anno scorso.
Una cosa che pensano anche di Tim Burton.
È sempre stato difficile per me mandare avanti i miei progetti, solo dopo Batman ho avuto per un po’ la strada spianata. Ma sono fortunato a fare ciò che faccio. Prendo le cose come vengono e non voglio pormi l’obiettivo di trasformare per forza ciò che faccio in arte. Così come non mi piace mettere in cantiere progetti uno dietro l’altro, non so come mi sentirò fra due o tre anni, rischierebbe di non piacermi più quello che avevo progettato. Ora vivo a Londra, non più negli Stati Uniti, dove mi sono sentito sempre un po’ straniero in patria Condizione anche piacevole, ma che si apprezza di più dall’esterno…
In molti hanno detto che per inscenare il circo si è ispirato a Fellini.
Il paragone con Fellini è scontato… In realtà, oltre al suo, mi ha ispirato molto anche il cinema di Mario Bava. Sono due registi diversi che hanno avuto effetti simili, molto forti, su di me. Essendo cresciuto a Burbank, un piccolo centro degli Stati Uniti dove non arrivano molti film italiani, mi ritengo fortunato ad aver visto film di entrambi e di altri grandi registi stranieri. Inoltre credo che Fellini e Bava abbiano un punto di contatto nel loro mondo onirico, sempre sviluppato in maniera magistrale. Quando guardo un film di Fellini provo un profondo senso di gioia nella vita ed è la stessa cosa che cerco di trasmettere con i miei film.
Big Fish ricorda molto il suo libro, “Morte malinconica del bambino ostrica e altre storie”, un mondo meraviglioso popolato da strani esseri. Nelle sue storie però regna la malinconia, mentre in Big Fish sono tutti gioiosi. Quanto c’è nel film del suo modo di raccontare?
Certamente mi identifico più in Edward Bloom che in suo figlio, sebbene capisca anche il suo punto di vista avendo da poco perso mio padre. Sono cresciuto grazie a storie, favole, tradizioni popolari, film. Talvolta ho trovato più realtà nel mondo della fantasia che nelle notizie del telegiornale che dovremmo, in teoria, considerare vere. Ora vivo a Londra e devo dire che è curioso vedere ciò che succede in America senza essere lì, è come guardare una soap opera, o un episodio di Dallas o Dinasty, è qualcosa di surreale.
Un po’ come la politica, una cosa con cui ho a che fare ogni giorno per lavoro, nei rapporti con gli studios, quindi non è un processo che mi è estraneo. La componente di spettacolarizzazione influenza le scelte degli elettori, perché c’è ormai questo concetto che se un candidato non funziona in televisione, allora non sarà neanche un buon leader politico . Questo è un dato che certamente confonde la realtà delle cose.
Pensate a quello che fa l’attuale presidente degli Stati Uniti (George W. Bush n.d.r.): le sue due priorità sono la lotta al terrorismo e andare su Marte. Non lo trovate un po’ folle? Ho sempre riscontrato questa contrapposizione nella mia vita.
C’è qualche aspetto in Big Fish che le ricorda la sua infanzia?
La città di Spectre: somiglia a Burbank. È tutta linda e pinta, ma sotto ci sono tanti aspetti che non vengono fuori. Per il resto ho avuto un’infanzia comune, sono felice d’essere cresciuto in un ambiente ovattato, perché ho avuto la possibilità di guardarmi intorno, crescere e trovarmi uno spazio una volta che ne sono uscito. Probabilmente è una delle ragioni che mi hanno permesso di essere come sono adesso.
Il prossimo film di Tim Burton sarà il remake di Willy Wonka e la fabbrica di cioccolato.
Si chiamerà Charlie e la fabbrica di cioccolato, come il racconto da cui è tratto. Dovrei iniziare a girare quest’estate, la storia probabilmente avrà un insieme di toni cupi e colorati. Per il momento posso solo dire che ci saranno Johnny Depp e la cioccolata…