Ci voleva un rubrichina frivola su questo blog. E anche una guida alla sopravvivenza alla Mostra. E allora eccomi qua, portatrice sana di tacco alto, amante della passeggiata che mai rinuncia al passo marziale o allo stile, a raccontarvi ciò che accade al Lido di Venezia.
Iniziamo bene questa 69. Mostra: il primo giorno il mio unico paio di tacchi comodi (5cm, come l’ortopedico insegna, non fanno venire tendiniti e non fanno sforzare troppo le caviglie. Le ballerine alla Audrey si fottano: sono il male. Scomode, poco indicate per i tendini e sicuramente per niente affascinanti. Dopo un po’ ti fanno camminare come una papera) si spezza. Al Lido esiste un solo calzolaio, ed è in ferie durante il festival. Certo, non ha bisogno di incassi extra lui, essendo l’unico in tutta l’oblunga isola del Lido. Opto per il mio tacco 15 comodo. Avete capito benissimo: se la scarpa è morbida e il tacco ben centrato, ci si può anche correre su e giù tutto il giorno.
Fatto sta che ieri sera, 30 settembre, c’era la presentazione del libro La vera favola di Cenerentola di quella simpaticona di Isabelle Adriani. Sì, lo so che i maschietti non la definirebbero così, ma Isabelle simpatica, oltre che bella e procace, lo è davvero. Il libro è una ricerca storica sulle origini della favola per la quale entrambe nutriamo una genuina passione. Spazio Lancia, ore 22.00
Mi avvio all’Hotel Excelsior e fuori c’è una folla di carne fresca in tiro. Mi rivolgo all’addetto all’uscio (buttafuori, chiamiamolo con il suo nome) che mi chiede se ho un invito.
“Ma certo, sono in lista allo spazio Lancia”, dico io.
In malo modo mi risponde che quelli che hanno fatto la lista dovevano essere più intelligenti e dare una lista anche all’entrata dell’hotel, che se poi lì al Lancia mi “rigettano” (sono indigesta? Eppure stasera sono vestita bene, truccata, profumata, ecc., mi dico), io me ne sto a bighellonare per l’albergo in cerca di autografi.
Mi guardo intorno e faccio notare che ho un pass stampa, che non vado in giro in cerca di autografi. Lui in malo modo risponde che “quello” non vale niente per lui dopo una certa ora.
“Senta – ribatto io sorridente – le ho solo chiesto un’informazione, per giunta sorridendo. Non è che potrebbe usarmi la stessa cortesia?”.
Non potrebbe. E infatti non lo fa.
Giro sui miei tacchi 15. Tra cinque minuti inizia Viale del tramonto, di Billy Wilder. Mi spiace davvero per Isabelle, che cercherò in ogni modo di incontrare, ma posso fare di meglio che passare la serata a litigare con un buttafuori in “modalità risposta automatica” che segue come un terminator le istruzioni fornite, adattando le risposte preimpostate a ogni situazione. Il mio telefono è fuori uso, quindi mi dispiace ancora di più non poter avvisare.
Arrivo in sala Volpi e… sorpresa! C’è gente fuori anche lì! Gente che non passa nemmeno con il rosso (l’accredito daily) perché la sala per il classico restaurato di Wilder è pienissima. E accade qualcosa che al Lido non avevo mai visto: l’addetto all’uscio è un cinefilo, che ride e ride… è contento, gli spiace per noi che restiamo fuori, ma “Signori, non è bello che la sala sia così piena per il film di Wilder?”. È così simpatico che ci scambio due battute.
E poi ripiego per una vecchia passione: un quarto d’ora e inizia un film sudcoreano delle Giornate degli Autori. The Weight, che dopo un’altra fila a chiacchierare con una giovane giornalista statunitense simpatica, riesco a vedere accanto a una collega amica. Sangue, sesso con cadaveri, gobbi e barbone adolescenti infette… insomma, una figata!
Non bisogna demordere: per ogni “vorrei essere Terminator ma non posso”, c’è da qualche parte un “che bello, la gente vuol vedere Wilder al cinema”. E un bel film coreano da vedere.
Head Over Heels!
Federica Aliano