Michael J. Fox compie oggi gli anni, 9 giugno. Gli succede ogni anno, quindi inutile specificare, così questa lista verrà buona a ogni primavera. Perché il leggendario Marty McFly non è stato solo il viaggiatore del tempo di Ritorno al futuro.
La trilogia di Robert Zemeckis lo ha certamente reso immortale, ma Michael J. Fox è stato negli anni Ottanta e Novanta un interprete notevole, naturalmente portato per la commedia, ma che non ha disdegnato, cavandosela egregiamente, incursioni nel dramma, anche diretto da autori di spessore.
Classe 1961, Michael J. Fox ha cominciato la sua carriera giovanissimo, con una lunga gavetta televisiva a cui hanno fatto seguito serie da co-protagonista come Family Ties, in Italia Casa Keaton, arrivata quasi in contemporanea con Ritorno al Futuro, cosa che ha contribuito a renderlo rapidamente molto popolare sia sul grande che sul piccolo schermo.
Voglia di vincere, Il segreto del mio successo sono due classici ormai, film per tutte le stagioni, veri e proprio cult generazionali. Per questo non verranno inseguiti in questa classifica. E sebbene la carriera, e soprattutto la vita di Michael J. Fox meritino molte parole da spendere, non sarà qui che accadrà, perché la sua è una storia da raccontare in molte puntate, tutte ricchissime.
La prima è questa, proprio per rendere ad alcune sue interpretazioni il giusto riconoscimento, come spesso non accadde all’epoca dell’uscita di questi film. Tutte opere che meritano una visione e anche una revisione.
La luce del giorno
Le mille luci di New York
Passa un anno, e Michael J. Fox non demorde. Questa volta l’occasione gliela offre James Bridges, regista che negli anni Ottanta aveva tirato fuori un paio di successi con John Travolta, Urban Cowboy e Perfect, ma già ben noto per Sindrome Cinese, in cui diresse Jack Lemmon, Jane Fonda e Michael Douglas. Big City, Bright Lights è tratto dall’omonimo romanzo di Jay McInerney, tra i produttori c’è Sidney Pollack. È uno dei primi film che parla della New York degli yuppies e della cocaina, senza gli eccessi di un Easton Ellis, ma con un buon grado di credibilità. Fox è un giornalista che ha da poco perso la madre e che si rifugia quasi perennemente nelle droghe e nell’alcool per dimenticare. Cosa lo si scopre alla fine. Ruolo non semplice, che porta invece facilmente sopra le righe, Fox lo gestisce bene, vincendo oltretutto il confronto con un giovane rampante che avrebbe fatto carriera, Kiefer Sutherland.
Vittime di guerra
A proposito di confrontarsi con giovani rampanti, nel 1989 Brian De Palma decide mettere insieme una strana coppia. Michael J. Fox e Sean Penn sono due soldati americani in Vietnam, protagonisti di un evento realmente accaduto, lo stupro e l’omicidio di una donna in un villaggio da parte dei componenti di una squadra dell’esercito statunitense. Film tendenzialmente sbagliato, soprattutto perché fuori tempo massimo, arrivato dopo Platoon che ha segnato la fine del discorso guerra sporca per Hollywood, Casualties of War travolge anche i suoi interpreti. Più Michael J. Fox, a dire il vero, che però era stato molto più misurato di un già gigionissimo Penn.
Doc Hollywood
Prima o poi bisognerà fare uno studio approfondito del perché questa non sia una delle rom-com più celebrate di tutti i tempi. La conseguenza diretta del flop con De Palma è il ritorno alla commedia, ma con degli elementi diversi. Doc Hollywood, grazie anche alla mano di Michael Caton-Jones, ha uno schema più libero rispetto allo standard classico delle major. Fox è un chirurgo plastico che, sulla strada per Los Angeles, ha un incidente e resta bloccato in un paesello di campagna, condannato dal giudice a sostituire il medico condotto malato. Inizialmente ritroso, il nostro Doc scopre che la vita di campagna è la giusta dimensione delle cose. Complice anche una meravigliosa Julie Warner. Questo sarà di fatto l’ultimo buon incasso da protagonista per l’attore, a cui proprio in quel 1991 viene diagnosticato il Morbo di Parkinson.
Cercasi superstar
È evidente che Fox è alla ricerca di qualcosa di diverso da raccontare. Life with Mikey, per esempio, è un film già di bilancio e retrospettivo per lui, ed è solo il 1993. Mikey è un agente di attori bambini, a sua volta un ex ragazzino prodigio, che trova finalmente la gallina dalle uova d’oro. Apparentemente senza scrupoli, altrimenti che agente sarebbe, si ricorda cosa volesse dire far parte dello show business quando la normalità sarebbero state corse nei prati e amici con cui passare l’estate. Film piccolo e apparentemente minore, Cercasi Superstar è una bella prova personale per Michael J. Fox e il primo passo della disintossicazione dal passato che tutti gli attori che hanno iniziato da piccoli devono prima o poi affrontare. Sceneggiatura di Marc Lawrence, nel cast c’è anche una fantastica Cindy Lauper.
Amore senza interessi
La figura del concierge di albergo di lusso era stata resa molto popolare nel 1990 dallo straordinario Hector Helizondo in Pretty Woman. Hollywood non poteva perdere l’occasione di sfruttare una categoria professionale fino a quel momento trascurata. Ecco quindi che nel 1993 arriva The Concierge, in Italia noto come Amore senza interessi. Fox è un giovane portiere d’albergo a cinque stelle che risparmia praticamente tutto ciò che guadagna per poter realizzare il suo sogno: aprire un hotel tutto suo. Sulla sua strada incontrerà una bellissima ragazza, Gabrielle Anwar, attrice sulla cresta dell’onda per un paio d’anni e poi sparita dai radar. Commedia degli equivoci, molto ben orchestrata da Barry Sonnenfeld, soffrì molto dell’essere praticamente una copia carbone de Il segreto del mio successo. Al botteghino va male, ma Michael J. Fox è ai livelli dei classici della commedia romantica.
Caro zio Joe
Jonathan Lynn è un ottimo regista di commedie. Signori il delitto è servito è un classico. Lo dovrebbe essere anche Greedy, non fosse altro per un Kirk Douglas, già ottuagenario, assolutamente favoloso. La storia è semplicissima: il ricco Joe è circondato da parenti sanguisughe che aspettano solo che tiri le cuoia. Il nipote Danny, fuori dalla cerchia, ha bisogno di un prestito. Gli chiede dei soldi, sebbene a malincuore, perché Joe è ovviamente un orribile vecchietto. O forse no… Douglas e Fox duettano che è un piacere, Lynn detta i tempi alla perfezione. Un film d’altri tempi, molto anni quaranta, che sarebbe piaciuto a Preston Sturgess. Anche per questo nessuno se lo ricorda.
The American President
Il rapporto di Michael J. Fox con la politica è molto stretto. Almeno sullo schermo. In Family Ties era un rampante giovane repubblicano. Nella bellissima serie, da recuperare e rivalutare, Spin City, era il vice sindaco di New York. Solo un anno prima, nel 1995, era alla Casa Bianca, quella più vera al cinema, perché scritta da Aaron Sorkin (anche lui nato il 9 giugno, auguri anche a lui). Il presidente – Una storia d’amore è un film di Frank Capra cinquant’anni dopo, con un grandissimo Michael Douglas nei panni del POTUS a cui Sorkin regala un monologo che vale la carriera. E Fox sta lì, da una parte, e ogni singola battuta la porge con tempi perfetti, ogni gesto è misurato, niente è mai sopra le righe. Guardatelo nelle due coperture al discorso finale. Questo vuol dire essere un attore, che ha conosciuto il successo e che ha imparato a fare squadra. Da applausi. Il monologo ve lo ripropongo, perché sembra scritto stamattina per un vero presidente di cui potersi fidare. Nessuno che esista nella realtà, quindi.
Sospesi nel tempo
Il miglior film di Peter Jackson, almeno a mio parere. Prodotto da Robert Zemeckis, e a dirla tutta, in molti passaggi la sua mano è evidente anche in sede di regia. La presenza di Michael J. Fox alimenta il sospetto che di Peter Jackson in realtà sia rimasto ben poco. The Frighteners esordì a Venezia nel 1996. Un horror dalle atmsofere tesissime, che a posteriori sembra oltretutto una sorta di prova generale de Le verità nascoste. Detto ciò Fox, nei panni di un architetto che grazie a dei poteri psichici cerca di trovare l’assassino di sua moglie, ha una dolenza malsana notevole, tornando protagonista in quello che è di fatto un B-movie a cui si offre con una reverenza da blockbuster.
Stuart Little
Spesso la storia del cinema ci ha regalato dei paradossi dolorosi. Il ragazzo che viaggiava nel tempo si è ritrovato a rincorrere la lancetta dei suoi anni. Eppure, probabilmente per la dimestichezza acquisita, al tempo ancora resiste, e fin quando ne avrà, farà tutto quello in suo potere per ritornare al futuro.