A Londra nevica e fa freddo, ma non per Chiwetel Ejiofor, che ci accoglie nella sua camera indossando un elegantissimo vestito di lino marrone e una candida maglietta di cotone a costine. Conferma del suo cuore caldo, come ha più volte dimostrato in una carriera costellata di ruoli in cui la passione è sempre stato un elemento fondamentale.
Non è un caso, quindi, trovarlo oggi nei panni di un risoluto apostolo Pietro in Maria Maddalena, al fianco della coppia (anche nella vita) Joaquin Phoenix e Rooney Mara. Chiwetel invece già da tre anni va mano nella mano con la modella australiana Frances Aaternir, splendidi, innamorati ed elegantissimi come al recente gala dei BAFTA, gli Oscar inglesi.
La conferma di un meritato momento d’oro per il protagonista di 12 anni schiavo, che porta sul volto i segni del dolore provato a tredici per la morte del padre in un incidente d’auto da cui lui stesso si salvò per miracolo. E che non ha dimenticato le sue origini, non quelle londinesi, ma quelle nigeriane, da parte di entrambi i genitori. Da sempre molto attivo a livello umanitario, ha scelto proprio una straordinaria storia africana per esordire alla regia, mentre prossimamente darà la voce a uno dei più famosi malvagi della savana. Quale ce lo ha raccontato lui stesso.
Chiwetel Ejiofor, una domanda necessaria: lei è cristiano?
Sono nato cattolico e così sono stato educato dai miei genitori, frequentando la parrocchia fino all’adolescenza. Nel corso degli anni mi sono progressivamente allontanato dalla fede, ma ho mantenuto un profondo rispetto per l’istituzione e una personale ricerca della spiritualità.
Il suo Pietro è un politico che fonda la chiesa cristiana su una bugia maschilista.
È vero, è una lettura molto interessante del personaggio e che ho trovato storicamente plausibile, una volta spogliato dell’alone spirituale. Pensare che Pietro e gli altri apostoli non siano stati influenzati nelle loro opinioni e decisioni dalle dinamiche di genere del tempo, e che la presenza di Maria di Magdala non fosse da loro vista come negativa, non è francamente realistico. Non credo il film intacchi in alcun modo il credo cristiano, ma che incoraggi a leggere i vangeli sotto diversi punti di vista.
In questo momento Maria Maddalena è un film particolarmente importante, vista la risonanza che sta avendo il movimento #MeToo.
Assolutamente, credo che il discorso che stiamo tutti affrontando, e che si sta rafforzando ogni giorno di più, stia facendo fare un fondamentale passo avanti culturale alle relazioni tra i generi. Questo film e la ricollocazione storica della figura di Maria Maddalena fanno certamente parte di questo dibattito.
Parlando di spiritualità, lei la trova nelle sue origini. Per il suo esordio alla regia ha scelto una storia ambientata in Malawi.
Ho lavorato spesso in Africa, è stata sempre una scelta voluta, ogni occasione per tornarci è un piacere per me. Ci sono molti equivoci sul territorio e soprattutto sulla popolazione africana, che viene troppo facilmente categorizzata semplicisticamente come strana e fuori dal tempo. Non è assolutamente così. È probabilmente la ragione per cui mi ha affascinato The Boy Who Harmessed the Wind, la storia vera di un ragazzo che, per salvare il suo villaggio dalla carestia, costruisce un mulino a vento con il telaio della bicicletta del padre. È una parabola potente, umana e famigliare, non solo africana, ma universale.
Lei è entrato nell’universo cinematografico Marvel con Doctor Strange. Visto il successo di Black Panther, forse ha preso il film sbagliato.
Il risultato raggiunto da Black Panther è stato straordinario soprattutto per l’impatto politico. Il progresso non può fermarsi, avanza, si evolve e la strada dettata da questo film segna un superamento del prototipo eroistico bianco e maschio, non limitandosi a dare un modello di riferimento, quello del protagonista, ma offrendo una consapevolezza generale, avallata da milioni di biglietti acquistati da uomini e donne di ogni colore, lingua e religione. Questa è una rivoluzione, sociale e culturale.
Lei una piccola rivoluzione l’aveva fatta interpretando il travestito Lola in Kinky Boots. Dopo 12 anni schiavo immagino sia difficile tornare alla commedia.
Vorrei, e molto, ma è vero che proprio da Kinky Boots ho intrapreso un sentiero che mi ha portato a scelte diverse. Mi sono sempre considerato un attore aperto a qualunque tipo di esperienza e sperimentazione, quindi penso che l’occasione arriverà prima o poi.
Il futuro porterà Chiwetel Ejiofor di nuovo in Africa, ma solo in voce. Sarà Scar nella nuova versione de Il re leone. Una sfida come piace a lei?
Un onore, soprattutto. Il re leone è il più grande successo animato di sempre, un fenomeno culturale, una tragedia shakesperiana che ha appassionato tre generazioni, me compreso quando lo vidi al cinema. Essere parte di un progetto che porterà quest’eredità nel futuro mi emoziona. Anche se sarò davvero cattivissimo!