Una casa nel bosco, sette personaggi, in cerca d’autore naturalmente, un’orgia da fare, che si trasforma subito in una piccola Canterbury in cui ognuno di questi misteriosi astanti raccontano le loro vite.
Basta poco per raccontare Les Rencontres d’Après Minuit, opera prima di Yann Gonzalez, forte già di ben ventitré candidature ai Cesar per i suoi cortometraggi che sono anche il cuore di quest’esordio nel lungometraggio. Costruito su un impianto teatrale intervallato da una serie di quadri che narrano sogni, desideri e perversioni dei componenti di questa incompiuta gang bang, il film è un pasticcio intellettuale e anche piuttosto presuntuoso che attinge a piene mani da molte ispirazioni letterarie. Un omaggio al cinema militante degli anni Settanta con ambizioni lynchiane, un flusso onirico in cui però non ci si riesce ad abbandonare, soprattutto a causa dei pomposi monologhi e di una forma che stanca molto presto. Non aiuta neanche il cast, impostato e poco convincente, forse perché sin troppo convinto, e alla fine si salva l’unico non attore, Eric Cantona, di nuovo sulla Croisette dopo Il mio amico Eric, che con grande autoironia espone la triste storia di un uomo la cui vita è stata deviata da un membro troppo ambito.
Opera a suo modo sperimentale, Les Rencontres d’Après Minuit è però uno straordinario esempio di protezionismo, avendo avuto addirittura l’onore di essere selezionato come Evento Speciale alla Semaine de la Critique 2013. Quando succede in Italia, si preparano gli ortaggi, in Francia si grida al miracolo. Ai posteri l’ardua sentenza.