Una sorta di Come eravamo, un’occhiata all’annuario di Mike e Sully, con quelle foto improbabili con i brufoli che di solito scorrono sui titoli di testa o di coda di alcuni film americani. La Pixar si cimenta con un prequel e per una volta abbassa un po’ il tiro e la buona riuscita. Dopotutto doveva capitare: non si possono inanellare sempre capolavori. Per questo Monsters University somiglia più a uno di quei prodotti filmici della Casa di Topolino pensati per il mercato home video, e per vendere tanti gadget in più, quei sequel dalla sceneggiatura più debole e il ritmo meno serrato che possono essere seguiti anche mentre si gioca ad altro, a casa.
L’animazione gode sempre di standard altissimi, dal momento che Lasseter & company non potrebbero far meno nemmeno se ci provassero, ma qui si sperimenta meno. Ecco che allora scopriamo che Mike non è sempre stato popolare come è in azienda, soprattutto con le mostriciattole, e che Sully non è sempre stato saggio. L’entusiasmo però non è mancato mai a nessuno dei due, e qui si assiste alla nascita di un’amicizia che probabilmente era già scritta nel loro DNA. Come pure era nel DNA di Randall il dover diventare un mostro infido. Le gag sono meno divertenti, il ritmo più lento, i personaggi meno profondi. Nonostante questo, Monsters University resta un prodotto di pregio, da vedere per credere, divertente e delicato come i prodotti per bambini sanno essere.
Meno “universale”, meno adatto a tutte le età, è pensato per lo più per un pubblico di bambini. Eppure il mostro terrificante non manca: Dean Hardscrabble, la temibile direttrice dell’università, detentrice del record per l’urlo più lungo e spaventato di tutti i tempi, è qualcosa che solo un divoratore di fumetti horror poteva concepire.
Una postilla per il doppiaggio: in originalele le voci sono rimaste le medesime, con l’aggiunta di Dame Hellen Mirren nel ruolo di Dean. Nella versione italiana invece la comicità e il ritmo risentono non poco del cambio. Il recentemente scomparso Tonino Accolla era un perfetto Mike Wasosky. E non solo.