Boxe Capitale è una di quelle storie che sarebbe piaciuta a Ring Lardner. Per chi non lo conosce, Lardner è stato uno dei più grandi giornalisti sportivi di sempre, scrittore raffinato che ha influenzato buona parte della letteratura americana del XX secolo, a partire da Ernest Hemingway, che usava come pseudonimo nei suoi scritti giovanili il nome di Ring Lardner Jr.
Boxe Capitale, un ring grande una città
Sarebbe piaciuta a Lardner perché lo sport è la più grande metafora della vita, e in questo caso lo è di una città intera, Roma, che attraverso il sudore e il sangue sembra voler vivere sempre nel mito dei suoi gladiatori. Non è un caso, se pensiamo che l’Audace, una delle più antiche società sportive capitoline, è nata e ancora prospera a duecento metri dal Colosseo. Roma e la boxe sono due entità inscindibili, lo dimostrano i tanti campioni che negli anni, dalle periferie più disagiate, sono arrivati a conquistare le cinture iridate e continentali. Percorsi che sono prima di tutto di rivincita sociale, racconti di tanti potenziali Rocky Balboa che sognano la statua a San Basilio, Primavalle, Quarticciolo.
Boxe Capitale è un’indagine storica e sociale di una città.
Composta da sempre da mille anime che in questo sport è riuscita sempre a trovare un suo equilibrio. Il pugilato, la nobile arte, parla la stessa lingua alla Colombo nel cuore di Prati e alla Pro Fighting di Centocelle, tradizioni diverse, ma stesse sequenze destro-sinistro-schivata. È uno sport povero, lontano anni luce dalle borse milionarie delle grandi ribalte americane, russe e inglesi.
BOXE CAPITALE, L’ANTEPRIMA CON NINO BENVENUTI
È fatto di uomini, e donne, tante, perché la scena pugilistica femminile romana è una delle più importanti d’Europa, che la mattina si svegliano all’alba per allenarsi prima di andare a lavorare, in cantiere, al forno o in un ufficio.
C’è un grande amore che unisce le storie di Boxe Capitale.
Quello per un’epoca lontana, in cui uno sport univa la città in un palio continuo, una sana rivalità ben diversa da quella ultrà, un senso di appartenenza e solidarietà ormai perduto. E quello per la naturale tendenza che ha l’essere umano nel culto della sofferenza e della fatica, quel sentire il sudore che ti scorre a rivoli sulla faccia e sul corpo nella speranza che sia il dolore che hai dentro ogni giorno ad andarsene. Non succede, ma quando non hai niente da perdere, è lì che cominci a vincere.
Boxe Capitale ha colpito al cuore Roberto Palma, autore e regista del documentario.
Lo ha realizzato come un pugile prepara un incontro importante, sapendo che dall’altra parte del ring c’è qualcuno che non sta lì a fare da sparring partner. Assesta molti buoni colpi Palma, non quello del K.O. Ma ai punti si porta a casa il match.