Si chiude il dittico della vendetta di Beatrix Kiddo con Kill Bill 2. La Sposa deve completare la sua ricerca, vedremo come si concluderà. Intanto, per introdurre il film, sono atterrati a Roma Daryl Hannah, ovvero la spietata Elle Driver, Michael Madsen, attore feticcio sin da Le iene, che interpreta Budd, e una vera e propria leggenda vivente, David Carradine, l’uomo da uccidere Bill. Abbiamo parlato con loro di Kill Bill Volume 2.
Avevate percepito la diversità dei due film?
DC:Ho saputo l’ultimo giorno delle mie riprese che Kill Bill sarebbe stato diviso in due film. Incontrai Quentin, che aveva saputo da Harvey Weinstein che c’era la possibilità di fare due film, in questo modo non avrebbe tagliato niente. Ritengo Quentin un uomo di genio, farei qualunque cosa per lui, quindi ero molto felice. Spero che i più capiscano che, anche se diviso in due volumi, Kill Bill è un film unico. Ed è un film epico, considerate le due parti separatamente si potrebbero considerare il primo un film d’azione e il secondo un film intimista. Ma non è così.
MM: Quando Quentin ha saputo che avrebbe dovuto dividere il film in due parti non era particolarmente contento. D’altra parte, aveva la possbilità di girare molto e non tagliare nulla, soprattutto le mie scene. Tutto il materiale è eccellente, quindi sarebbe stato terribile perdere qualcosa. Mi preoccupavano solo i tempi dell’uscita, a dire il vero.
DH: Quentin non se lo ricorda, ma è stata una mia idea. La cosa gli ha dato anche la possibilità di aggiungere qualcosa sui titoli di coda.
Le passioni di Quentin Tarantino sono nel film. Quelle del cast quali sono?
DC: Amo molto i western, quelli di Leone, in particolare C’era una volta il west, probabilmente il miglior western mai girato. Incontrai Sergio Leone per il ruolo di Armonica, ma Charles Bronson me lo rubò. In seguito Sergio mi offrì contratto per tre film western per una cifra non alta, la stessa offerta a Clint Eastwood all’epoca. Ora sono davvero molto infelice di avere rifiutato.
Con Quentin andiamo d’accordo in tanti modi. A me piace qualunque genere di film, se dovessi dirvi il più pauroso vi direi Scemo & + scemo, mi ha spaventato perché era impossibile fare un film più idiota. I gusti simili mi hanno permesso di ottenere il ruolo, perché Quentin voleva che andasse a qualcuno che capisse a fondo tutte le questioni del film.
MM: Sono cresciuto guardando attori come Humprey Bogart, John Carradine, Robert Mitchum. Quentin ama fare film, ha un grande feeling con gli attori. Quando vai via da un suo set e arrivi su un altro ti chiedi perché tutto sia così diverso. Quentin conosce la storia del cinema al completo, è una delle poche persone che ne sa più di me. Amo lavorare con lui perché mi capisce.
Ho incontrato anch’io Sergio Leone, in un albergo di New York Cercavo di mangiare la pasta destreggiandomi con la forchetta, e lui mi ha spinto ha perseguire la mia carriera. Sergio ha lasciato qualcosa di grande nella storia del cinema e Quentin non ha voluto copiare Leone, ma rendergli un grande e doveroso omaggio.
DH: Sono cresciuta con i film degli anni ’30 e 40, sono ancora queli che amo di più, anche se poi la mia conoscenza cinematografica si è arricchita.
I film di Tarantino entrano nella cultura popolare. Avevate questa sensazione sul set?
MM: Le iene ha segnato l’alba del mercato del cinema indipendente. In realtà a me interessava lavorare con Harvey Keitel e volevo il ruolo di Mr. Pink, perché aveva più battute. Il successo de Le iene è cresciuto nel tempo, dopo Pulp Fiction. Quando leggi le sceneggiature di Quentin capisci subito quello che hai per le mani e che il ruolo che ti spetta lo hai aspettato per tutta la vita.
DC: Devo dire che ancor prima di sapere qualcosa del film, ero convinto che lavorare con Tarantino sarebbe stato lavorare per un cult movie. La lettura della sceneggiatura mi ha trascinato. Ho studiato per settimane il monologo finale, era il minimo, dato che Quentin ci ha messo sette anni per scrivere il copione. Il giorno delle riprese lo ha buttato e mi ha dato un nuovo monologo che ho dovuto imparare lì per lì. Ogni giorno sul set alla fine delle riprese si accendeva la musica e si ballava. Le scene venivano rifatte finché non erano perfette e anche a quel punto Quentin ne voleva fare un’altra, e la spiegazione la dava tutte le volte gridando “Perché noi amiamo fare il cinema”.
Non ci siamo mai arrabbiati per questo, perché Quentin non si è mai arrabbiato, non è un regista aggressivo. Magari un paio di volte è successo, ma lo ha sempre fatto giocando. La lavorazione del film è stato uno dei periodi più felici della mia vita. Quando abbiamo sforato ero felicissimo, non avrei mai smesso.