Tre anni fa Il ragazzo invisibile fece capolino nelle sale. Era la genesi del primo supereroe italiano moderno, con tanto di effetti speciali e supernemici. Michele Silenzi, con i suoi riccioli biondi e lo sguardo insieme chiaro e cupo entrava di diritto nelle teste di chi auspicava un evento come questo, in barba ai blockbuster a stelle e strisce tutti troppo simili e ai Kick Ass a cui inevitabilmente mancava un pezzo. Silenzi era il ragazzino problematico, quello in cui tutti noi possiamo identificarci, al presente o al passato.
Oggi arriva il sequel, o per meglio dire, sboccia quel germoglio coltivato da Gabriele Salvatores. E se prima qualcuno poteva ancora nutrire qualche riserva, ora dovrebbe lasciarle cadere. Il premio Oscar nostrano realizza un vero film supereroistico, aggiunge personaggi e background, carica il suo protagonista di pesi e psicologia complessa, lo rende ancora più tenebroso e schivo, e regala ai nostri occhi un’estetica sua, riconoscibilissima, eppure nuova e visivamente impattante. Le scene oniriche si alternano a quelle reali, un’abitazione piena di foglie secche e ceri, poi strade e cimiteri. E non è dato sapere quanto sia vero e quanto è invece prodotto dalla testa di Michele.
Lo sguardo del regista si posa sull’età più difficile, l’adolescenza, con dolcezza e indulgenza, con la volontà di capire senza giudicare, di ascoltare e non di insegnare. Qualcosa che, in Italia, non si era mai vista prima e che regala a questo “oggetto crossmediale” un respiro internazionale. Le situazioni di Michele valicano i confini della territorialità, sono dilemmi che ogni adolescente avrebbe. E allo stesso tempo Salvatores gli infonde un respiro epico, di impianto classico risalente addirittura ai miti greci: un eroe, per diventare tale, deve eliminare chi lo ha generato. Metafora di questa seconda generazione che soppianta la prima, che la prevalica, più forte, più giusta.
Moltissimi i riferimenti ai fumetti e non solo, dagli X-Men al nuovo Star Wars: la domanda che tormenta il protagonista è la stessa di Rey, sapere di chi si è figli, chi ci ha messo al mondo, capire chi è il vero genitore, perché non sempre i legami di sangue sono ciò che dobbiamo seguire.
Ludovico Girardello è maturato in questi tre anni, lontano dalle stelline televisive alla ricerca del loro quarto d’ora di fama e deciso a diventare regista teatrale. Il suo Michele Silenzi ha sguardi e fisicità unici, degni di un attore più navigato. Potrebbe essere il nuovo idolo delle ragazzine, come pure diventare lui stesso un autore. E se così fosse, al posto di presunte star generate dai social o dai talent, sarebbe proprio bello.
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