The Warrior, o molto più correttamente The Iron Claw (il titolatore mascherato scorre ancora potente nella distribuzione italiana) è la storia della famiglia Von Erich, dinastia del wrestling a stelle e strisce segnata da una serie di tragedie che rasentano l’assurdo.
Sei figli, nati dall’amore di Jack Adkisson e sua moglie Dora. Jack fece fortuna sul ring e crebbe i suoi ragazzi (tranne il primo, Jack Jr., morto in tenera età) per competere e primeggiare in uno degli spettacoli più amati dal pubblico americano. Non immaginava certo che avrebbe distrutto la sua famiglia, tanto da far credere a molti che ci fosse una maledizione sui Von Erich, il nome d’arte che Jack scelse per la sua casata.
Degli accadimenti reali è facile avere notizia
Quello che racconta Sean Durkin in The Warrior è una cronaca che unisce elementi reali e ricostruzione drammaturgica a uso e consumo di una sceneggiatura complessa che si muove su diversi piani di lettura. Per la cronaca, Durkin riposiziona nel tempo la cronologia degli eventi ed elimina completamente dal racconto il sesto fratello, anche lui morto suicida dopo una sfortunata carriera sportiva.
Regista assai interessante Sean Durkin
Aveva esordito con un film di spessore e sostanza come Marcia Marcy May Marlene, che rivelò il talento di Elizabeth Olsen ed evidenziò alcuni dei temi cari al cineasta. Su tutti, la famiglia, in tutte le sue diverse declinazioni, il tessuto culturale statunitense e l’American Dream che si trasforma, o molto più probabilmente lo è alla base, un incubo.
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Idee sviluppate con la sua seconda regia, The Nest, ma anche nei lavori di cui ha seguito la parte produttiva, come il buon horror The Eyes of My Mother, e l’ottimo dramma Christine, tratto dalla tragica storia vera della giornalista Christine Chubbuck, diretto da Antonio Campos. Senza dimenticare la serie Dead Ringers, rilettura degli Inseparabili di David Cronenberg.
Tutte suggestioni che condensa in The Warrior
In cui l’epopea sulla carta trionfale dei Von Erich viene invece descritta come una perenne discesa agli inferi. Caronte è il padre-padrone Fritz-Jack, convinto che il sogno americano sia replicabile attraverso l’instaurazione di un regime totalitario in cui il merito è deciso dal genitore in maniera del tutto arbitraria. Con tutte le conseguenze del caso. Un dramma sportivo solo all’apparenza, in realtà una tragedia familiare, classica nell’impostazione e affascinante nella messa in scena.
Durkin lavora sugli spazi, sul vuoto, sulla profondità di campo, e contemporaneamente sui corpi, perfetti e fasulli, come la pantomima che sono tenuti a sostenere sul palco e il sogno per cui sono stati costruiti. La macchina indugia spesso in movimenti lenti, riflessivi, zoom e carrelli delicati, portando pace a queste anime in pena.
Un cast magnifico
È un film non banale The Warrior, arricchito da un cast che si concede anima e corpo, definizione quanto mai calzante. Holt McCallany si conferma un attore magnifico, a cui si dovrebbe dare qualche ulteriore opportunità per la faccia e per il talento. Maura Tierney e Lily James, le due donne forti che raccolgono i pezzi di questo disastro, sono entrambe bravissime. Jeremy Allen White è l’uomo del momento e non delude, ma sono i suoi tre fratelli a rubare la scena. Stanley Simmons nei panni del fragile è una bella scoperta.
Zac Efron avrebbe meritato molta più considerazione nel corso della Award Season, nel calarsi in Kevin Von Erich regala una di quelle interpretazioni che definiscono una carriera, contrapponendo una sensibilità e un’intensità strazianti a un corpo in perenne bilico tra il divino e il mostruoso.
Harris Dickinson un talento del presente e del futuro
Dopo Triangle of Sadness si era capito che il giovane attore britannico non era solo un bel ragazzo funzionale alla satira messa in scena da Ruben Östlund. Insieme a Austin Butler è tra i pochi oggi capaci di riempire lo schermo come facevano le star dei tempi d’oro. Quest’anno è stato protagonista di uno degli esordi britannici più celebrati, Scrapper, ed è l’unica cosa degna di nota di una serie molto dimenticabile come A Murder at the End of the World. Sentiremo tanto parlare di lui in futuro.