C’è un che di affascinante in Madame Web. Il film naturalmente. Perché parlare della storia fumettistica del personaggio sarebbe superfluo in relazione a questa sua presunta trasposizione cinematografica. Andiamo per ordine.
Madame Web, la trama
Una ricercatrice, incinta al nono mese, va in Perù alla ricerca di un rarissimo ragno dalle straordinarie capacità curative. Tradita dal suo assistente, che oltre rubarle l’aracnide le spara, seppur inavvertitamente, viene soccorsa dalla tribù di uomini ragno che il veleno del ragno ha reso fortissimi e longevi. Riescono a far nascere la bambina, ma la donna muore.
Passano 30 anni.
Cassandra Web è una paramedica a New York, a seguito di un’esperienza premorte si attivano i suoi poteri sopiti e scopre di poter vedere il futuro, e quindi anche di cambiarlo. E il futuro dice che tre ragazze adolescenti saranno uccise dall’ex assistente della madre di Cassandra, che avendo i suoi stessi poteri ha visto che saranno le giovani ad assassinarlo. Cassandra quindi decide di proteggere le ragazze e di scoprire chi è veramente.
Ciò che Madame Web è realmente è insito nella sua stessa trama
Un film già visto di cui è impossibile cambiare un finale scritto molto male. È il problema di tutto il movimento cinecomic, un genere che non racconta storie, perché una storia si presume abbia un arco narrativo con un inizio, uno sviluppo e una conclusione, attenendoci al minimo sindacale, senza scomodare il viaggio dell’eroe e strutture più complesse.
Madame Web non ha neanche le basi, perché l’inizio della storia di Cassandra Web è legato a un universo complesso che ne giustifica l’esistenza, cosa che non accade nel singolo film. Sullo sviluppo e le interazioni dei personaggi c’è poco da dire. Il villain agisce per risentimento personale non meglio identificato, le tre ragazze condividono il loro disagio esistenziale in un scena collettiva della durata di trenta secondi. Tutto quello che c’è intorno è accennato e talmente poco interessante che non è in effetti una preoccupazione.
Madame Web ha avuto evidentemente degli enormi problemi in fase di scrittura, la stessa protagonista Dakota Johnson lo ha più volte sottolineato in fase di promozione, cercando forse di giustificare un’interpretazione che non sarebbe degna neanche di una recita delle medie. Il film è un susseguirsi di scene messe insieme per caso, scritte dalla coppia che ha regalato chicche come Morbius, Power Rangers – Il film e Gods of Egypt. Salvo poi essere revisionate dalla produttrice esecutiva Claire Parker, che quasi vent’anni fa aveva prodotto una serie britannica bellissima, Life on Mars. Poi chissà cosa le sarà successo.
A dirigere questo pasticcio è stata messa S.J. Clarkson
Al suo primo lungometraggio per il cinema, reduce da due serie Netflix Marvel, Jessica Jones e The Defenders, entrambe caratterizzate da un fascino da B-movie involontario. Clarkson qui ha dimostrato un’imperizia registica che lascia a bocca aperta. Non c’è una cosa che abbia anche solo lontanamente senso nella concatenazione degli eventi. Il finale è forse il peggiore dai tempi di Highlander 2 (che nel complesso al confronto è Quarto potere).
Ma in realtà tutto questo non importa. È solo una questione di proporzioni. Madame Web non è poi così diverso da Eternals, firmato dalla regista premio Oscar Chloe Zhao e altrettanto ricco di evidenti problemi. O da The Marvels, in cui recita la premio Oscar Brie Larson che non brilla poi molto più della figlia di Melanie Griffith e Don Johnson.
Il problema vero è che oggi un film si può basare sul nulla
Perché in fondo vale tutto, e ce lo ha insegnato proprio il fantomatico Marvel Cinematic Universe. Esiste il multiverso, quindi quello che accade in una realtà si può aggiustare nell’altra, tanto ci pensa Doctor Strange. E con lo stesso concetto si può raccontare un piccolo, e anche abbastanza insignificante, dramma familiare scomodando tutto quello che succede, ovunque, contemporaneamente e vincere anche sette Oscar per questo.
Madame Web fa parte di questa deriva in cui anche la messa in scena può essere secondaria, perché in fondo è tutto un grande gioco della vita. E non è così, perché gli antichi saggi vanno sempre ascoltati: un gioco è bello quando dura poco. E questo è durato sin troppo, come dimostrano gli incassi decisamente inferiori alle attese di tutti gli ultimi prodotti Marvel e DC (e tra questi ultimi si salva Aquaman perché lavora con i generi classici).
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Se avessimo letto la storia di Madame Web in un albo Marvel ci sarebbe piaciuta. Posso dirlo per certo l’ho sperimentato su me stesso molti anni fa. Senza impazzire, ma quando sfogli le pagine di un fumetto pretendi che valga tutto, così come che questa meraviglia venga raccontata nel giusto modo e usando gli strumenti che un bravo scrittore deve sapere utilizzare.
Al cinema, buttata lì, come direbbe un grande regista, a cazzo di cane, è un preoccupante segno dei tempi all’interno di un industria, quella hollywoodiana, che di arte ne fa sempre meno e che incomincia anche a dimenticare come si faccia l’intrattenimento.
È il caso di porre subito rimedio a questa emorragia creativa e industriale. I risultati del box office americano degli ultimi mesi parlano chiaro. Non si è trattato solo della mancanza di prodotto generata dallo sciopero degli attori. È una questione culturale, sociale e politica, quella che porta la gran parte degli Stati Uniti a schierarsi con Donald Trump o Taylor Swift. Questo futuro Madame Web lo aveva visto?