Palermo. Spoon River. È il titolo di una raccolta di poesie di un giornalista palermitano, Antonio Maria Di Fresco, che racconta in versi le vite dei nomi scritti sulle troppe lapidi che affollano Palermo a ricordare chi è morto cercando di estirpare un cancro ancora oggi incurabile.
Un libricino che deve avere letto anche Pierfrancesco Diliberto, al secolo Pif, Iena televisiva e autore di una delle più intelligenti trasmissioni televisive degli ultimi (molti) anni, Il testimone. E proprio questo è il piccolo Arturo, palermitano, innamorato dalle elementari della stessa donna, che cerca di conquistare a suon di iris e grazie ai consigli di un esperto, l’onorevole Giulio Andreotti, mentre la sua città diventa un enorme cimitero.
La mafia uccide solo d’estate è un bellissimo titolo
E un film apparentemente semplice, che punta sull’emotività generata dal vedere raccontate, con la poesia naturale di un amore d’infanzia, le morti di uomini che dallo Stato non furono adeguatamente supportati nell’adempimento del loro dovere, da Boris Giuliano a Rocco Chinnici, passando per Dalla Chiesa fino a Falcone e Borsellino. Ma per quanto facile possa essere raccontare una storia attraverso queste tragedie, ciò che non affatto banale è riuscire a narrare senza oltrepassare la soglia del patetico, del grottesco, del ridicolo, soprattutto senza offendere la memoria di chi non c’è più e il dolore di chi ancora oggi è costretto, suo malgrado, a piangere e ricordare.
Pif ci riesce, mantenendosi leggero ma mettendoci il cuore, soprattutto nella parte in cui i bambini guardano e ci guardano, raccontando una favola in cui i buoni sono saggi e intelligenti e i cattivi stupidi e spietati. L’intensità emotiva cresce con Arturo e Flora, fino a esplodere quando dalla morte non può che scaturire nuova vita, e a dispetto della retorica, tutto funziona a dovere, il ritmo è giusto, le parole restano, le gag fanno ridere e il cast ci crede (bravissimo Claudio Gioè, cameo prezioso di uno degli attori italiani di maggior talento in circolazione).
Soprattutto, si racconta la nostra Storia, si ricorda ciò che è stato e che non dovrebbe più essere, che sono le cose più importanti, e il groppo in gola arriva, soprattutto per chi tutto quel dolore, che non sarà mai utile per inciso, non lo ha vissuto in prima persona. Chi ha visto via D’Amelio sventrata o il cratere di Capaci, chi ci passa tutti i giorni per andare a scuola o a lavoro, del dolore non ne può più. E neanche della Mafia. Che esiste ancora, e non solo in Sicilia.
Neanche questo si deve dimenticare.