Quel furbone di Almodovar… Ma non aveva detto di voler esplorare gli angoli più oscuri della sua creatività? Sembrava già promesso all’horror, intenzionato a procedere in una discesa all’Inferno di thriller sempre più cupi e cruenti, e invece… eccolo che ti spiazza. Ancora una volta. E ancora una volta riuscendo – inevitabilmente – a raccogliere l’attenzione di tutti e i fremiti dei fan, comunque entusiasti.
Così il ‘Manchego’ torna alla Commedia, e dopo 24 anni! Incredibile dictu! Aveva bisogno di “airearse un poco”, continua a dire, di rinfrescarsi, di far entrare aria, e di leggerezza. Avrà trovato naturale andare a cercare l’aria dove naturale era che si trovasse… in cielo; come immediata sarà la scelta del genere a partire dalla parallela necessità “di dirigere attori in una storia in cui l’humor fosse l’elemento più importante”. Ma con lui niente è scontato, come detto.
“Torna alla commedia”, quindi, come se fosse un territorio spesso praticato, come se nei 18 film precedenti ce ne fossero molte. Che dico molte, cinque… tre, due…
E’ così azzardato sostenere che ‘Donne sull’orlo di una crisi di nervi sia l’unica commedia degna di esser chiamata tale nella filmografia del regista spagnolo? Sarà stata pigrizia a portarlo, una volta scelto il cammino, verso un altro ‘gruppo sull’orlo di una crisi’?
Già, perché Gli Amanti Passeggeri – al di là delle prime visibili ambiguità linguistiche – sono proprio passeggeri, di un aereo, il volo Península PE2549 (Pe, “come Pedro”, gigioneggia il regista), ovviamente in emergenza.
Tra la Business Class alla ‘Economica’ si sviluppano le storie di una coppia di sposi novelli, un finanziere senza scrupoli abbandonato dalla figlia, un casanova impenitente, una regina della posta del cuore e un misterioso messicano, tutte caratterizzate da indicibili segreti e legate tra loro e gestite dal ‘Mostro a tre teste’ degli assistenti di volo Carlos Areces, Raúl Arévalo e Javier Camara, che candidamente ammette il proprio ruolo: rendere a tutti il viaggio “il più gradevole possibile”.
Saremo malati, saremo almodovariani, saremo maliziosi, ma siamo anche contenti di leggerci quell’ammiccamento sessuale – volgare e esplicito – dei primi film, quando assistevamo a minzioni private (Pepi Luci e Bom), adescamenti pubblici (Labirinto di passioni) e una ostentata quanto diffusa licenziosità. Finalmente!
Non che l’ambiguità sessuale abbia mai fatto sentire la sua mancanza – anche nelle sue splendide e più recenti tappe autobiografiche e noir (da Tutto su mia madre e Volver a Gli abbracci spezzati e La pelle che abito, passando per La mala educación) – ma spesso è stata (poco) più che un ingrediente dei ricchi cocktail che ha sempre preparato Almodovar al suo pubblico.
Ce l’ha data a bere, quel diavolo di un manchego. E continua a farlo. Come i tre steward suddetti, che sul volo PE2549 bevono per alleviare la tensione e offrono drink ‘corretti’ ai terrorizzati astanti. Bevono e ballano, in una versione da corridoio di “I’m so Excited” (guarda caso, titolo del film per il mercato internazionale) delle Pointer Sisters che si avvia a diventare già cult in barba a ogni supposto stereotipo di virilità maschile.
Ce l’ha data a bere perché, come si vede, nonostante i proclami, anche questa Commedia non viene meno ai precetti che da sempre animano il suo cinema giacché per quanto, più di altre, possa essere riconoscibile e più facilmente categorizzabile, le tante storie intrecciate ci riconducono ancora una volta ai classicissimi sesso e morte. L’impotenza (scusate, ma siamo nella pagina giusta… qui non ci fa caso nessuno) di fronte ai moti del Deseo e a un pericolo incombente, richiedono una fuga non potendo sperare in una soluzione; una catarsi che passa attraverso le confessioni e le miserie più umane, un susseguirsi di rivelazioni e di sfoghi che esorcizzino la paura e diano l’illusione dell’assoluzione.
Si sa, nei momenti di crisi tutto è permesso, ma siamo lontani da ogni tipo di commedia morale. Tanto meno poteva essere Almodovar ad ascriversi un ruolo del genere, lui che – come se non bastasse la sua storia e l’assoluto rifiuto di un qualsiasi giudizio nei confronti dei suoi personaggi, come sempre liberi di comportarsi in maniera non convenzionale e lontana da precetti o obblighi – si dice semplicemente “felice di dare al pubblico una commedia, in questo momento”, il miglior “regalo morale” (questo sì) possibile.
E siamo lontani anche dalla commedia sociale, realista. Anzi, l’irrealtà domina. Aiutata anche dall’ambientazione. Uno spazio angusto, inusuale per un regista che per trent’anni ha alternato coloratissimi set casalinghi alle strade più popolari della amata Madrid. Un non luogo, legato alla Spagna contemporanea della Crisi economica, ma lontano da ogni riferimento o convenzione ad aumentare l’alienazione di questo racconto, simbolico e metaforico, di una nazione per farne – volutamente – un limbo nel quale domini la leggerezza.
Un ritorno alla commedia ‘più pura’, quella priva di ogni tipo di pudore… anche se questo qualificherebbe metà della produzione almodovariana come commedia!
Ma per Pedro (non solo per lui) Eros e Thanatos sono componenti fondamentali della vita e dell’arte. Non le uniche però. Ormai ce l’ha detto in tutti i modi, e passando dalle porte più inattese.
Ha raccontato la violenza mentre parlava di solidarietà, la libertà sessuale nella pieghe della disperazione più buia, il dramma nella commedia e la morte con umorismo, e poi masochismo, incesto, ogni tipo di ‘devianza’ fino alla violenza dello stato, la repressione poliziale, le ipocrite ambiguità della chiesa, il machismo, l’emancipazione femminile, spesso attraverso l’esempio di chi ha scelto da tempo di vivere ai margini della società la propria unicità… Le sue idee le ha sempre espresse, più che con i proclami in maniera maieutica, meno evidente. Estrosa, estroversa, esplicita, ostentata, ma sempre bisognosa di una sensibilità che risuonasse degli accordi contenuti nei suoi personaggi e nei loro drammi e nella forza (e gioia) di reazione alle avversità.
Solo le forme sono cambiate negli anni, insieme alla Spagna e agli spagnoli, e ad Almodovar. Imborghesito? Forse. Più semplicemente cresciuto. Anche attraverso dei film che nulla hanno a che vedere con la commedia e che l’hanno aiutato a riconciliarsi con i suoi maestri e a metabolizzarne le lezioni, dopo gli omaggi confusi e spontaneisti dei primi tempi.
Voleva essere Fellini, Buñuel, Fassbinder, Hitchcock; oggi Capra, Lubitsch e Billy Wilder. Ma alla commedia corale Pedro ci era già arrivato e ora, grazie a una maturità raggiunta scavando nel proprio passato, sembra giunto il momento di tentare una via personale alla commedia americana, più alla ‘screwball’, magari. Senza dimenticare, come sempre, le tradizioni, ma con una cifra stilistica nuova ed evoluta, che non ha bisogno né di essere estrema per essere sé stessa, né di scimmiottare i maestri.
Semmai il rischio è di scimmiottare Almodovar, appassionatamente autoreferenziale e autobiografico, romanticamente nostalgico, anche nello scegliere un cast di attori-amici, come alcuni dei suoi Maestri amavano e amano fare… E così oltre a Carlos Areces, Raúl Arévalo, Hugo Silva, Miguel Ángel Silvestre, Guillermo Toledo, José María Yazpik, Laya Martí, Pepa Charro, si rivedono Cecilia Roth, Lola Dueñas, Javier Cámara, Susi Sánchez, Blanca Suárez, Paz Vega, Carmen Machi, Antonio de la Torre, José Luis Torrijos… e soprattutto Penélope Cruz e Antonio Banderas – due suoi attori simbolo, (incredibilmente) per la prima volta insieme – in un cameo iniziale che determina tutto quel che viene poi raccontato. Tanti. Mai così tanti. Anche in scena. E in uno spazio tanto piccolo. “Erano almeno in dieci in scena, quasi tutto il tempo. E’ stato molto difficile per me che sono abituato a situazioni più teatrali e ridotte”, ha fatto finta di lamentarsi il Gran Burattinaio. Salvo poi raccontare di quanto si sono divertiti sul set…
Insomma, niente di nuovo dietro e davanti alla macchina da presa? Non vi fidate. E non cercate di separare i fili del gomitolo della sua creatività e dei suoi significa(n)ti. Sarebbe inutile. E vi priverebbe di una esperienza.
Saremo eccessivamente fiduciosi, eppure abbiamo la tranquillità di dirvi che questo diciannovesimo film di Pedro Almodovar sarà comunque qualcosa di unico. Forse perché nemmeno ‘Donne sull’orlo di una crisi di nervi era una commedia così…