Da giorni assistiamo a una narrazione sempre più violenta della mancata nomination agli Oscar per Greta Gerwig e Margot Robbie, rispettivamente regista e sceneggiatrice e protagonista e produttrice di Barbie. Mancata nomination in quanto regista e protagonista – e su questa specifica torneremo più avanti. E invece Ryan Gosling sì.
Testate più o meno serie, post sui social e video su YouTube (ma persino su qualche emittente televisiva), e non solo in Italia, utilizzano parole molto forti come “Ryan Gosling si scaglia contro gli Oscar” o “Barbie snobbato agli Oscar” o, ancora, “Barbie ignorato agli Oscar”. Persino qualche “Ryan Gosling in guerra con gli Oscar”, e un proliferare di meme con la frase “Non c’è Ken senza Barbie” come fosse uno slogan ideologico.
Ora parlerò come mia nonna e dirò che se trovassi tanta rabbia in giro per cause più serie, il mondo sarebbe un posto migliore, ma durerà solo per un secondo. Il cinema è una cosa serissima, dopotutto.
Ma analizziamo la faccenda Ryan Gosling
Davvero qualcuno è convinto che un attore che ha appena ricevuto la sua terza candidatura all’Oscar farebbe una scelta intelligente se si mettesse “in guerra” con l’Academy? O se si “scagliasse” contro le loro decisioni? Ryan Gosling non ha fatto altro che ringraziare l’Academy e poi, forse un po’ in imbarazzo verso le due donne che hanno reso possibile tutto ciò, si è detto deluso per la loro mancata candidatura, con grande eleganza, galanteria e quella ironia che gli ha consentito, per un altro minuto, di rientrare nel ruolo di Ken. “But there is no Ken without Barbie” è palesemente una auto-citazione e il testo integrale del suo X (dire che ha twittato ormai è da boomer, ma la verità è che ci chiediamo ancora come dirlo) è tutt’altro che un attacco.
“I am extremely honored to be nominated by my colleagues alongside such remarkable artists in a year of so many great films. And I never thought I’d being saying this, but I’m also incredibly honored and proud that it’s for portraying a plastic doll named Ken.
But there is no Ken without Barbie, and there is no Barbie movie without Greta Gerwig and Margot Robbie, the two people most responsible for this history-making, globally-celebrated film.
No recognition would be possible for anyone on the film without their talent, grit and genius.
To say that I’m disappointed that they are not nominated in their respective categories would be an understatement.
Against all odds with nothing but a couple of soulless, scantily clad, and thankfully crotchless dolls, they made us laugh, they broke our hearts, they pushed the culture and they made history. Their work should be recognized along with the other very deserving nominees.
Having said that, I am so happy for America Ferrera and the other incredible artists who contributed their talents to making this such a groundbreaking film.”
Praticamente il discorso del vincitore, forse sta già facendo le prove.
E quindi? L’Academy ha davvero snobbato Barbie? Il film è stato ignorato agli Oscar? Be’, rimane un po’ difficile vederla davvero così, dal momento che ha ricevuto ben otto candidature. Miglior Attrice Non Protagonista (America Ferrera), Migliore Scenografia (Sarah Greenwood, Katie Spencer), ben due nomination per la Miglior Canzone (I’m Just Ken di Mark Ronson e Andrew Wyatt, What I Was Made For, di Billie Eilish e Finneas O’Connell), Migliori Costumi (Jacqueline Durran), Miglior Attore Protagonista (Ryan Gosling, appunto) e poi Miglior Sceneggiatura Non Originale (Written by Greta Gerwig & Noah Baumbach) e addirittura Miglior Film (David Heyman, Margot Robbie, Tom Ackerley and Robbie Brenner, producers).
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Ops! Mi è sembrato di leggere i nomi di Robbie e Gerwig tra i candidati? Ah già… perché le due talentuose donne hanno avuto più di un ruolo decisivo in questa produzione… Forse qualcuno potrebbe pensare che Greta Gerwig avrebbe potuto concorrere con Martin Scorsese o Jonathan Glazer. O con la Justine Triet del formidabile Anatomia di una caduta, che sta inanellando premi in mezzo mondo.
Ma a parte le corbellerie che purtroppo vengono rimbalzate troppo sui social, questa polemica ci dà finalmente il pretesto per parlare di qualcosa che abbiamo in testa sin dalla prima visione di quello che avrebbe dovuto essere “solo” un divertissement color rosa shocking. La candidatura di Ken e non di Barbie (tralasciando il fatto che Gosling è grandioso nel ruolo di Ken) è probabilmente la vera scelta femminista da fare.
Introducing… la lettura per archetipi: Ken è la donna. Ta-dà!
Abbiamo rimandato talmente tanto una recensione di Barbie che ora la scriveremo solo per gli Oscar. Ma nel frattempo questa idea è cresciuta sempre di più nella testa di chi scrive (che possiede una casa di Barbie nel salotto, letteralmente e orgogliosamente e non in senso figurato): nel rapporto di coppia nel film di Greta Gerwig, Ken è la donna. Lui, che è sempre in ombra, che è un accessorio, funzionale perché la vita di Barbie funzioni, perché lei si senta sempre amata, stimata, realizzata. Lui che c’è sempre, non importa quante volte lei lo snobbi, che corre non appena lo chiama, che muore ai suoi piedi, mentre lei pensa solo a passare le serate con le amiche.
In una lettura per archetipi, Ken è una donna. E smettiamola di vedere donne e uomini solo in base a ciò che hanno in mezzo alle gambe, primo perché è una mentalità binaria che oggi andrebbe davvero superata e secondo perché in mezzo alle gambe Barbie e Ken non hanno proprio niente. Sono neutri. Sono bambole di plastica e noi giochiamo a farli essere chi più ci piace in un determinato momento. E in quel determinato momento, Greta ha giocato con un Ken che è l’archetipo femminile. Se lo abbia fatto volontariamente o se questa è solo una nostra suggestione, non è dato saperlo. Mi piacerebbe incontrarla per chiederglielo.
Ken stesso si definisce come una donna, nelle sue più (arche)tipiche frustrazioni: “Io le parlo d’amore, ma lei vede solo un amico”, “Sembra che non importi quello che faccio, sono sempre al secondo posto”, “Non sono più sexy se manifesto i miei sentimenti?”. Ken vive la sua “blonde fragility” all’ombra di Barbie, così come la donna degli anni Cinquanta (è da lì che viene Barbie, non dimentichiamoci di pensare quadrimensionalmente!) viveva all’ombra del marito. Il suo posto è la spiaggia, senza nemmeno sapere il perché, come quello della donna era la cucina.
Ken viene trattato da Barbie come moltissimi uomini trattano noi donne, e quando parla sembra di ascoltare lo sfogo di un’amica. Ryan Gosling è entrato magistralmente nel personaggio e la sua funzione è solo quella di riflettere la grandezza di Barbie, ciò che più desidera è avere la possibilità, seppur fugace di condividere un momento con Barbie. Spiega tutto in questo meraviglioso video promo dei suoi Kenessentials, che gli ha permesso di approfondire il personaggio di Ken in modo magistrale e spassosissimo:
Qui c’è l’apoteosi: “Behind every great Barbie, there’s a Ken who is totally fine with that”. E non c’è molto da aggiungere.
Ryan Gosling potrebbe vincere? O vincerà Ken?
In una lettura per archetipi, Ken è una donna e il suo comprendere e rivendicare il proprio valore, pur senza Barbie, è decisamente la parte più femminista del film: I’m Kenough! dovrebbe essere il nostro grido, altro che lo sciocco monologo preadolescenziale a cui si lasciano andare i personaggi femminili.
In una lettura per archetipi, Barbie è Pinocchio e alla fine diventa una bambina vera (ancora una volta, lasciamo che sia la vagina a definirci donne, ma perché?), ma è dall’uscita del film che mi chiedo: che fine farà Ken? Quella di tutte noi, che a un certo punto ci siamo rese conto di avere un valore intrinseco e ci siamo messe in cammino. Molte di noi non sapendo ancora verso cosa, ma intanto iniziando a perdere l’equilibrio, muovendo un primo passo e cominciando a camminare. E se un attore straordinario ha saputo interpretare tutto questo, sono felice che gli venga riconosciuto. Anche perché lo fa senza alcun mansplaining.
Che Ryan Gosling vinca come attore è difficile, visti i grandi nomi che compongono la cinquina, ma personalmente il mio Oscar è questo qui: