Accompagnato da un grande (e dispendioso) battage pubblicitario, il 19 luglio esce nelle sale francesi il thriller horror Ils, firmato dagli esordienti Xavier Palud e David Moreau. La storia del film, ispirato a fatti realmente ( ?) accaduti, è quella di una giovane coppia francese residente in Romania che va ad abitare in una grande ed isolata villa alla periferia di Bucarest. Tutto sembra andare per il meglio quando – surprise, surprise – in una notte di pioggia battente, strani voci e rumori turbano la tranquillità della coppia. Radicalmente.
Il titolo del film, Ils, “loro”, si riferisce quindi alle presenze che infestano la casa degli sfortunati protagonisti, ma a noi dà anche spunto per parlare di altro: nel nostro caso, “loro” sono i francesi. Lungi da noi l’intenzione di continuare a battere sul ferro ancora caldo della finale mondiale che ha visto l’Italia prevalere sui cugini transalpini. Ma se nel calcio, meritatamente o meno, siamo stati in grado di battere la Francia, per quanto riguarda la situazione produttivo-distributiva del cinema, ci servirebbe molto di più dei gol e delle provocazioni di Materazzi o della difesa di Cannavaro per riuscire anche a stare al passo con quando avviene varcate le Alpi.
Ils sarà forse anche un filmaccio, non lo sappiamo ancora, ma non c’interessa parlare di qualità: semplicemente, dovrebbe far riflettere come, nel bel mezzo di luglio, in Francia si punti alla potenzialità d’incasso al botteghini anche nella stagione estiva, e che lo si faccia attraverso un prodotto locale e di genere. Quello di Ils è solo l’ennesimo degli esempi che evidenziano problemi sempre più evidenti del nostro cinema. Per quanto riguarda la distribuzione, avremo anche avuto la scusa dei già citati mondiali di calcio, ma questa in corso è per l’Italia una delle estati più tristi degli ultimi anni – cinematograficamente parlando, s’intende. Se nelle scorse stagioni abbiamo assistito a tentativi più o meno coraggiosi di proporre titoli di grande richiamo e di attualità nel resto del mondo, ecco che l’estate del 2006 vede presenti in sala alcuni dei peggiori scarti di magazzino disponibili. E di conseguenza, molti dei titoli che debuttano negli USA prima e nel resto d’Europa poi proprio in queste settimane, nel nostro paese arriveranno come sempre in ritardo; un ritardo che, quando si fa marcato, stimola molti appassionati a bypassare le sale favorendo invece il peer-to-peer. E poi si parla del problema della pirateria.
Differente, ma ugualmente non esaltante, è il quadro che l’uscita di Ils porta a delineare per quanto riguarda la situazione del cinema italiano dal punto di vista produttivo. Argomento di cui recentemente si è molto parlato: citiamo ad esempio il primo numero della neonata rivista “Brancaleone”, che esprimeva posizioni assai condivisibili. Sintetizzando, in quelle pagine si dimostrava come gran parte della produzione nostrana si sia fossilizzata sulla realizzazione di cinema medio d’autore, cinema per sua intrinseca natura funzionale al rafforzamento e alla perpetuazioni dei modelli socio-culturali dominanti, alla rassicurazione del ceto medio allargato che al cinema vuole specchiarsi senza incontrare reali sfide al proprio stile di vita.
Proprio da qui partiamo per esporre brevemente un’altra tesi, che riguarda il cinema di genere, forse ingiustamente messo da parte anche nelle pur ottime analisi fatte su “Brancaleone”. Il genere – che sia horror, thriller, noir o altro – non è un cinema rassicurante; o comunque, non dovrebbe mai esserlo. È invece un cinema che sfida le certezze, che rimuove punti fermi, che mostra lo sporco nascosto sotto il tappeto o lo scheletro nell’armadio: sotto la sua patina di maggiore disimpegno, di irrealtà, è un cinema in grado di essere assai scomodo e analitico.
Sarà (anche) per questo che nel Bel Paese, dove invece tutto deve essere facile e accomodante, stenta ancora a decollare, nonostante i numerosi tentativi, più o meno meritevoli? Non lo sappiamo con certezza, ma il sospetto inizia a farsi forte.
Che la Francia ci mangi in testa per quanto riguarda la produzione di cinema di genere è un fatto assodato. Ils non ne è altro che l’ennesima conferma. Ma il suo caso dimostra anche come questo tipo di cinema, magari anche qualitativamente standardizzato, sia comunque stimolo alla crescita di un’industria e dei registi.
In Italia i vari Puglielli e Infascelli sono costretti all’autoproduzione e alla distribuzione autarchica in DVD. In Francia non solo si arriva in sala da esordienti, ma il sistema è oramai tale da garantire un collegamento diretto tra Parigi e Hollywood. Ils sarà infatti presto rifatto dagli americani, Palud e Moreau dirigeranno il remake di The Eye e sono in predicato di far lo stesso con L’ultima casa a sinistra, sulla scia di quanto già fatto da Alexandre Aja con Le colline hanno gli occhi dopo il successo di Alta tensione.
Il talento c’entra, ma fino a un certo punto.