“Era una notte buia e tempestosa. Ad un tratto echeggiò uno sparo”.
L’intreccio si infittisce, commentava Snoopy, soddisfatto di quanto scritto. Anche nella torrida estate romana c’è un giallo a fosche tinte, quello della disputa tra Piccolo Cinema America e Anica e Anec. Ne abbiamo già parlato e trovate tutto nella prima puntata del format che ha commosso il web, Due Cucine, con la complicità del Professor Massimo Benvegnù.
L’ultima puntata della querelle la potete invece trovare qui. Il succo, in sintesi dal burocratese, è il seguente. Secondo l’autorità garante della concorrenza e del mercato, su richiesta di verifica da parte dell’Associazione Piccolo Cinema America e altre realtà simili che operano sul territorio nazionale, l’Anica e l’Anec devono fare sì che le arene gratuite non rischino un boicottaggio da parte loro e dei loro associati, chiedendo che
“le Associazioni ripristinino la piena libertà delle case di distribuzione e degli intermediari nella definizione della strategia di commercializzazione del prodotto cinematografico alle arene gratuite”.
Leggendo bene le trentuno pagine del provvedimento, se non vi addormentate prima vi sembrerà che chi gestisce il cinema in Italia sia l’impero del male. Storia lunga, tendenzialmente non vera, in alcuni casi neanche del tutto falsa, considerazione questa che però può fare solo chi questo ambiente lo conosce bene davvero.
Qualunque comparto industriale ha le sue beghe, il cinema non fa eccezione, qualche mela marcia qua e là c’è sempre. Ma non è questo il caso, né il problema. Di fatto, quello che viene contestato è che sono state fatte delle operazioni strategiche da parte delle associazioni di categoria per tutelare gli associati a scapito di altri soggetti. Operazione strategiche tese a creare indotto e profitto per i componenti di una filiera che ha dei costi da coprire, dei posti di lavoro da salvaguardare, un prodotto da proteggere e far fruttare per poter generare poi del nuovo prodotto.
Insomma, l’industria cinematografica ha tutelato il suo diritto di far funzionare tutta la macchina, se possibile meglio del solito, vedi l’operazione Moviement dell’estate 2019, che ha giovato non poco al da sempre disastrato cinema estivo, riservandosi di potere o meno fornire i film alle arene gratuite. Gombloddo? No, lo abbiamo già spiegato bene in Due Cucine. Ma a quanto sembra è difficile uscire da una narrazione che sta viaggiando su un binario ben preciso. Credo che mai come in questo caso il cinema debba venire in aiuto.
Da quando è iniziata questa guerra santa, sono tre i film che mi passano continuamente davanti agli occhi.
Il primo è del 1949, firmato da Robert Rossen. Il titolo, Tutti gli uomini del re. La storia di Willie Stark, onesto candidato alla carica di governatore, che una volta eletto viene corrotto dal potere, trasformandosi in un astuto manipolatore. Il tutto sotto gli occhi di un giornalista, prima affascinato da questa figura, poi sempre più orripilato, anche di se stesso, consapevole di avere contribuito all’ascesa di un mostro.
Il secondo è il troppo facilmente dimenticato Bob Roberts, opera prima da regista di Tim Robbins, artista tra i più liberal della scena statunitense. Bob Roberts, cantante country conservatore, si candida al senato. La sua cavalcata elettorale viene seguita da un documentarista inglese e da un reporter che di Roberts non si fida. E fa bene. L’anno è il 1992.
Il terzo, a cui in realtà molto si è ispirato il buon Robbins, è Un volto nella folla, una delle opere migliori di Elia Kazan, autore straordinario che ha macchiato la sua vita con un riprovevole atteggiamento durante il maccartismo. Ma sul suo cinema è difficile discutere. Questo è il suo film che personalmente amo di più. Datato 1957, racconta della parabola di Larry “Lonesome” Rhodes, speaker di una piccola radio dell’Arkansas che assurge a fama e gloria nazionale grazie alla sua dialettica che oggi definiremmo “populista”.
Chissà se questi tre film sono mai stati inseriti nella programmazione di una delle tre arene del Cinema America. Sarebbero tre proiezioni magnifiche, a cui si potrebbero unire dei dibattiti importanti. E non dovrebbero avere grossi problemi a reperire delle copie.
Lo sono anche Stark e Roberts populisti, eccezionali comunicatori che aizzano le folle con slogan preconfezionati e di facile presa, trovando sempre un nemico da combattere per il bene dell’uomo, e della donna, della strada, quelli che non vengono protetti dallo stato che lascia indietro per deve tutelare l’interesse dei potenti.
L’eterna lotta di Davide contro Golia, come ha scritto anche Valerio Carocci nel suo post in cui annunciava che la prima battaglia era vinta. Narrazione un po’ stantia, a dire il vero, ma evidentemente ancora molto efficace. D’altronde, si sa, le cose semplici sono sempre le migliori. C’è forse qualcosa di più buono di una bella aio e oio e peperoncino?
Davide, che ha l’appoggio economico e istituzionale di ministero dei beni culturali, Regione Lazio, Camera di commercio di Roma, SIAE, Alitalia, e soprattutto la vera paladina del proletariato, BNL Paribas. Davide, che si è fatto una bella chiacchierata la sera dell’inaugurazione dell’arena di San Cosimato con il presidente del consiglio Giuseppe Conte. Davide, che esce sul New York Times, articolo non particolarmente brillante, ma diamine, è il New York Times!
Questo Davide, che assomiglia assai a Golia, opera con un linguaggio della comunicazione molto simile a quello, efficacissimo, che ha portato alla vittoria dell’ultima coalizione di governo eletta dal popolo. E di cui il presidente del consiglio che si accomodato per terra in San Cosimato, con fidanzata al fianco, è diretta emanazione. Gli stessi metodi, audaci nelle parole dei post social, che danno a chi li sostiene l’entusiasmo di inneggiarli per il loro giovanile ardore. E di zittire chi osa mettere in discussione la loro immensa bontà, da veri Robin Hood dell’arte filmica. Gli stessi metodi che hanno fatto vincere la Brexit e Trump.
Comunque, ne hanno passate tante questi bravi ragazzi del Piccolo Cinema America. Aggrediti dai fascisti più volte nell’estate del 2019. Anche troppe , a dirla tutta. Che certo, i fascisti son cretini, è scientificamente provato, ma così tanto cretini è quasi imbarazzante. L’importante è che questi gesti sono stati condannati con forza. E tutti con la maglietta amaranto per solidarietà. Anche se nei rapporti con i fascisti, abbraccio da sempre il Teorema di Malone.
https://youtu.be/QAdJnNwQP-U?t=68
Alla fine della fiera, gli unici che al momento non dicono niente sono i diretti interessati, i distributori. E fanno bene. Perché ieri come oggi, e come anche domani, saranno comunque loro a decidere le sorti dei loro film, come è giusto che sia. Lo dice anche AGCM che è giusto così, quindi tiriamo una bella linea e domani è un altro giorno. Si può di nuovo citare Via col vento, giusto?
Una cosa importante: questo non è un attacco alle arene gratuite e alle idee e ai valori che portano avanti. Al contrario, sono dei momenti di aggregazione culturale fondamentali. A patto che ci sia rispetto delle regole e del lavoro di tutti. Da entrambe le parti.